Nella giornata di domenica 22 giugno 2025 si svolgerà in Cattedrale ad Aosta la Celebrazione eucaristica presieduta da Mons. Franco Lovignana nella solennità del Corpus Domini in cui verrà ordinato Diacono il Seminarista Simone Garavaglia, 31 anni, della parrocchia di Challand-Saint-Anselme.
Di seguito alcune righe in cui Simone stesso si presenta.
Sono Simone Garavaglia, ho 31 anni e tra pochi giorni, esattamente nella domenica del Corpus Domini, 22 giugno, alle ore 15, nella cattedrale di Aosta, sarò ordinato diacono per questa nostra bella e piccola diocesi. Come indica il mio cognome, non sono valdostano doc, infatti, questo è tipico di una piccola zona tra Lombardia e Piemonte, anche molto bella e naturale, incastonata tra i boschi e i prati tra i quali scorre il fiume Ticino. Già ormai quasi venticinque anni fa, grazie ai miei genitori, conobbi la Valle d’Aosta, nello specifico la val d’Ayas, prima più sporadicamente, poi più di frequente, fino alla scelta di venire ad abitare, di fatto, a Challand-Saint-Anselme. Ebbi così modo di conoscere la parrocchia, il parroco del tempo e quello attuale, don Maurizio, che con gratitudine ricordo qui poiché è sempre stata ed è tuttora una presenza preziosa nel mio cammino vocazionale, umanamente e spiritualmente. Conobbi così anche il Vescovo Franco, che ringrazio per la paterna accoglienza, con il quale sin da subito nacque un sincero rapporto di condivisione.
Entrando più nel merito del mio cammino vocazionale: non intrapresi subito il cammino sacerdotale diocesano…ma, andiamo
con ordine. Colsi l’intuizione di consacrarmi al Signore, in modo più specifico, al tempo dell’università con il progressivo desiderio di stare con Lui, il Signore, nella preghiera, nella frequenza ai Sacramenti, nell’interesse ad approfondire la fede, leggendo, approfondendo, parlando di Lui, nella condivisione della fede, sempre accompagnato da un padre spirituale. Anche grazie alla mia passione per lo studio mi avvicinai inizialmente ai frati domenicani, ma in breve capii che ero (e sono) decisamente più appassionato al pensiero di san Tommaso d’Aquino che non alla vita domenicana, così come ad un ministero sacerdotale maggiormente sfaccettato, non stabilmente rinchiuso nella vita comunitaria tra le mura del convento: ho sempre percepito ciò come molto limitante… Invece, la vita diocesana, in questo senso, dopo un attento discernimento col mio padre spirituale (essere guidati è assolutamente indispensabile per discernere a fondo…) e col mio attuale Vescovo, è stata la scelta che più ho sentito a me vicina. Ad ogni modo, stare con Gesù, conoscerlo nella preghiera e nello studio, parlare di Lui, condurre a Lui, annunciare Lui…questo è il desiderio che, in estrema sintesi, mi ha portato a decidere di seguirLo nel cammino sacerdotale.
Ma…perché la vita diocesana? Ciò che mi ha attratto della vita diocesana è la possibilità di vivere un ministero a tutto tondo, non specificatamente orientato ad un aspetto specifico (cura dei malati, insegnamento, confessioni, etc.) ma la possibilità, stando tra il popolo di Dio, di vivere e camminare con loro nella condivisione della fede, mostrando loro quanto è vero che conoscere Gesù trasfigura, cambia e una volta conosciutolo, non si può più fare a meno di stare con Lui e di vivere per Lui (come amava ricordare san Charles de Foucauld). Mi piace immaginare questa vita del sacerdote diocesano (con tutti i limiti dell’accostamento che farò) come non così distante dalla dinamica dell’Incarnazione: il Figlio di Dio, fattosi uomo, Gesù, ha vissuto pienamente come un uomo (eccetto il peccato) sulla terra, a tutti gli effetti: ha sofferto, ha riso, ha mangiato, ha giocato, ha pianto con chi era nel pianto e ha gioito con chi era nella gioia, etc. ma non bisogna dimenticare che pur vivendo sulla terra non ha mai smesso di abitare il Cielo (la Trinità), in quanto Figlio, seconda Persona della Santissima Trinità. Ecco: contemporaneamente in Cielo e in Terra; Gesù, vero Dio e vero uomo, con la Sua incarnazione non ha interrotto la Sua eterna comunione col Padre e lo Spirito Santo, così come sembra ricordarci chiaramente Giovanni, nel suo densissimo Vangelo, che stiamo leggendo in questi giorni pasquali, quando al capitolo 14, versetti 10 e 11, Gesù si rivolge a Filippo in questi termini: “Dunque non credi che io vivo nel Padre e il Padre vive in me? Quel che dico non viene da me; il Padre abita in me, ed è lui che agisce. Abbiate fede in me perché io sono nel Padre e il Padre è in me” (e lo ricorderà in molti altri passi). Ecco…avverto la vita del sacerdote diocesano, nello specifico, come uno specchio di questa dinamica (con tutti i limiti possibili, del resto il sacerdote è pur sempre un uomo, una creatura…): vivere intensamente una dimensione verticale, quella dello “stare con e stare in” Cristo, in una comunione costante vissuta nella preghiera, nell’adorazione, nella lode, nella supplica, nella mortificazione, nello studio e, al contempo, una dimensione orizzontale, quella dello “stare con e stare tra” le persone, per abitare la fede con loro e guidarle, camminando insieme, ad una comunione sempre più piena e trasformante con Dio, in Cristo, nella concretezza della quotidianità (che bella, a questo proposito, per la sua intensità, quella statua del santo Giovanni Maria Vianney che si trova vicino ad Ars, la quale con un dito indica il cielo, a memoria di quel dolce dialogo con un bambino a cui il curato, in ricerca della strada, nella campagna francese della Dombes, per la sua nuova parrocchia, appena nominato parroco, disse: “indicami la via della parrocchia e io ti most
rerò la via per il cielo”). In sintesi, allora: vivere con, in, di e per Lui (il Signore) e renderLo presente (nell’Eucaristia), rifletterLo, sacramentalmente e relazionalmente, mostrarLo, parlare di Lui…potrei racchiudere in queste dense espressioni il mio desiderio di essere sacerdote diocesano. Credo che questa missione, la nostra diocesi, al netto delle varie difficoltà sociali-geografiche-vocazionali, può essere avvantaggiata dalla presenza di piccole comunità, in cui poter costruire ancora relazioni a tu per tu, meno anonime rispetto alle grandi diocesi, potendo vivere un ministero sacerdotale che mi piace pensare come più “artigianale” e meno “imprenditoriale”…oltre alla bellezza della natura della Valle, che suscita la naturale attitudine contemplativa dell’uomo, e alla vita “semplice” di montagna che rinvia ad una ricerca dell’Essenziale che si traduce, in fondo, nel fare verità su sé stessi.
Così, dopo sette lunghi ma intensi anni di formazione, prima a Bologna per gli studi filosofici e poi a Roma, su richiesta del Vescovo, per gli studi teologici, ecco giunto ormai il termine del tempo del seminario, ormai a pochi giorni dalla mia ordinazione diaconale. Qui, a Roma – da cui vi scrivo questo breve articolo/presentazione – ho trascorso questi ultimi tre anni, al collegio Capranica, tra esperienze di vita parrocchiale, nel quartiere periferico della Magliana e gli studi di teologia alla Pontificia Università Gregoriana, accanto – naturalmente – a tutti i vari impegni legati alla vita comunitaria in collegio. In generale, questi sette anni sono stati molto ricchi e formativi, sotto vari aspetti: umano-spirituale-intellettuale; certamente non sono mancati momenti di “deserto” ma vale senz’altro la pena
ringraziare il Signore per tutto, poiché le Sue Grazie sono sempre sovrabbondanti e i suoi “doni irrevocabili”. Guardando indietro, il percorso è stato molto denso; lo iniziai a ventiquattro anni, già al quinto e ultimo anno della facoltà di giurisprudenza e, dopo la laurea, dopo un tempo adeguato, propedeutico, di discernimento, iniziai gli studi filosofico-teologici richiesti per il sacerdozio, prima i tre anni di filosofia a Bologna, poi i tre anni di teologia a Roma. Sei anni di studi quindi, sette in tutto, considerando l’anno di discernimento iniziale, ma grazie a Dio mi piace molto studiare e approfondire, per cui posso affermare che sono stati anni intellettualmente molto appassionanti e arricchenti.
Un cammino lungo quindi, ma necessario per riconoscere anzitutto che è il Signore che chiama, per superare la disillusione e accogliersi totalmente, proprio come Pietro, amati integralmente, dall’eternità, e chiamati, nonostante tutto.
Dopo l’ordinazione diaconale, su richiesta del Vescovo
Franco proseguirò gli studi di specializzazione alla facoltà teologica dell’Italia settentrionale (a Milano) in teologia fondamentale, e (con buone probabilità) contemporaneamente alla facoltà di filosofia dell’università statale di Milano per ottenere la laurea magistrale in filosofia. Questo per tre giorni alla settimana e per la restante parte rimarrò in Valle, per svolgere il servizio che a breve mi assegnerà il Vescovo.
Dunque, nella certezza che mi accompag
nerete nella preghiera, anche se non potrete essere presenti tutti all’ordinazione diaconale del 22 giugno ad Aosta, vi ringrazio sin d’ora per il sostegno orante e vi invito a continuare a pregare anche in vista della mia prossima ordinazione sacerdotale, che seguirà di qualche mese quella diaconale di giugno. Anch’io affido tutti voi e ciascuno, specialmente quei giovani che, forse ancora nel silenzio, coltivano il desid
erio di seguire Cristo, consacrandosi totalmente al Suo servizio nella Chiesa, al Sacratissimo Cuore di Gesù, Modello di ogni Vocazione e all’intercessione di Maria Santissima, Madre di ogni Vocazione.
Un carissimo, orante e riconoscente saluto.


