Solennità di Maria Santissima Madre di Dio

Cattedrale di Aosta

01-01-2025

 

È bello all’inizio di un Anno santo ascoltare le parole di benedizione consegnate da Dio a Mosè per il suo popolo. Oggi vengono affidate a noi perché ci facciamo portatori della benedizione divina alle persone che vivono nei diversi ambienti da noi frequentati, a partire dalla nostra famiglia. Nella fede sappiamo che la benedizione di Dio è fonte di gioia e di vita. Animati dalla carità, desideriamo che altri possano fare esperienza della gioia di vivere nell’amore di Cristo, sorgente di speranza, anche al di là della morte.

Prima di ripercorrere le parole della benedizione, faccio notare come Dio chiude la consegna fatta a Mosè: Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò. Tutte le parole hanno un peso, ma quelle divine diventano azione: pronunciandole Aronne e i suoi figli pongono il nome di Dio sul popolo. Leggo questa conclusione come un invito a tradurre sempre la parola della benedizione divina con dei gesti. Anche quando la parola non può essere detta esplicitamente, il gesto che traduce la benedizione divina può sempre essere posto.

Ti benedica il Signore e ti custodisca.
Il Signore dice bene del suo popolo, prendendosene cura, custodendolo nel suo amore.

Il primo gesto con il quale possiamo tradurre la benedizione divina è quello di dire bene del prossimo, lasciando cadere ogni forma di maldicenza e di pettegolezzo, e prenderci cura delle persone che ci sono affidate e di quelle che entrano in relazione con noi, custodendo la loro vita, la loro dignità, il loro mistero, esattamente come fa’ Dio con ciascuno di noi. Prendersi cura vuol dire volere bene senza prevaricare, rispettando la libertà di ognuno, ma non abbandonandola a se stessa, accompagnandola invece con attenzione. Penso a noi sacerdoti, penso ai papà e alle mamme, ai catechisti e agli educatori. Penso a quanti per professione operano direttamente al servizio delle persone, come gli operatori sanitari, gli assistenti sociali, i volontari della carità.

Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia.
Il Signore si volge benevolo al suo popolo e lo ricolma della sua grazia cioè del suo favore, della sua forza, del suo aiuto.

Impariamo dal Signore ad avere uno sguardo di benevolenza e non di giudizio e di condanna sul prossimo. Noi non possiamo fare grazia, perché questa è dono di Dio soltanto, ma possiamo sempre offrire una parola, una mano per venire incontro a chi si trova in difficoltà materiali, morali o spirituali. A volte «anche solo un sorriso, un gesto di amicizia, uno sguardo fraterno, un ascolto sincero, un servizio gratuito… nello Spirito di Gesù… può diventare per chi lo riceve un seme fecondo di speranza» (papa Francesco).

Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace.
Il Signore volge il suo sguardo di pace sul popolo.

Penso, fratelli e sorelle, non solo alle guerre e alle violenze che insanguinano la terra e le nostre città, ma ai molteplici conflitti che fanno soffrire e costringono alla solitudine e alla tristezza persone e famiglie, forse molto vicine a noi. I gesti che possiamo porre sono tanti, ma due in particolare. Il primo è quello di fare tutto quanto è in nostro potere per aiutare a fare la pace: favorire l’incontro, il dialogo, mai fomentare divisioni e contrapposizioni. Il secondo gesto è quello di intraprendere percorsi personali di perdono, lasciandoci guidare da questa bella parola del Papa: «Perdonare non cambia il passato, non può modificare ciò che è già avvenuto; e, tuttavia, il perdono può permettere di cambiare il futuro e di vivere in modo diverso, senza rancore, livore e vendetta. Il futuro rischiarato dal perdono consente di leggere il passato con occhi diversi, più sereni, seppure ancora solcati da lacrime».

Portiamo a tutti la benedizione di Dio, invochiamola per tutti nella preghiera e poniamo i gesti che la rendono visibile: prendiamoci cura del prossimo, offriamo aiuto, favoriamo sempre la pace, abbracciamo il perdono. Ci attende un anno benedetto!

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