Santa Messa per la festa patronale di San Maurizio a Sarre

Chiesa parrocchiale di Sarre

28-09-2025

 

La celebrazione di oggi è un momento di festa nel quale la comunità, onorando il santo Patrono, porta davanti a Dio la sua vita per essere rilanciata in avanti per vivere il nostro tempo e viverlo da cristiani. Per questo l’appartenenza deve fiorire in testimonianza dentro a un cammino quotidiano di conversione al Vangelo.

Ci aiuta la parabola appena riascoltata. Gesù racconta l’esito della vita di due personaggi: uno, senza nome, ricco a tal punto da vestire come un re e da poter dare banchetti tutti i giorni; l’altro, Lazzaro, talmente povero da desiderare di potersi nutrire delle briciole che cadevano dalla mensa del ricco, ma invano perché nessuno glielo permetteva.

Gesù dice che il primo finisce all’inferno, mentre Lazzaro accanto ad Abramo, in Paradiso.

Gesù non vuole descriverci i particolari dell’al di là o trasmetterci una morale semplicistica, ma insegnarci che Dio dona vita al di là della morte e che la giustizia di Dio riconosce una corrispondenza tra la vita vissuta sulla terra e quella al di là della morte.

San Giovanni Crisostomo commenta così l’esito della vita dell’uomo senza nome: «Non era nei tormenti perché era stato ricco, ma perché non aveva avuto compassione». Quest’uomo, talmente preso dalle sue ricchezze e dai piaceri, non si accorse del povero che stava alla sua porta. Soltanto una volta all’inferno scopre che ci sarebbe stato un altro modo di vivere e di avere gioia vera e duratura, quello di aiutare gli altri, di condividere i suoi beni con chi non aveva nulla. Per questo chiede ad Abramo di mandare Lazzaro ad avvertire i suoi fratelli. Abramo glielo nega perché: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti.

Con la parabola Gesù mette il dito in una piaga che colpisce anche noi, il nostro tempo, quella dell’indifferenza religiosa e di uno stile di vita materialistico, alla ricerca di possesso e piacere. Gesù avverte che questa mentalità rende gli uomini talmente ciechi e sordi da scivolare, senza quasi accorgersene, nell’indifferenza verso gli altri, in particolare verso quanti soffrono, in quella cultura che papa Francesco ha definito la cultura dello scarto. Qui, noi cristiani possiamo fare la differenza e dare un contributo non da poco al nostro mondo, dicendo con la nostra vita che Dio c’è e parla all’umanità e che noi cerchiamo di ascoltarlo e di imitarlo prendendoci cura dei fratelli, soprattutto di quelli più piccoli, scegliendo la pace, non quella gridata, ma quella vissuta quotidianamente nelle relazioni. Per questo, amici, dobbiamo aprire le orecchie del cuore e dell’intelligenza per ascoltare la Parola di Dio, Mosè e i Profeti. Da qui l’importanza della preghiera, del silenzio, del meditare il Vangelo, dell’andare in chiesa.

A me, a ciascuno di noi arriva oggi l’invito pressante di Gesù a non seguire le orme del ricco della parabola, ma a praticare personalmente e comunitariamente la compassione, cioè a non girare mai la testa dall’altra parte, a prenderci cura degli altri, in particolare di chi ha bisogno. Come? La tradizione biblica e cristiana ci suggerisce le opere di misericordia: dar da mangiare e da bere  agli affamati e agli assetati, condividere i vestiti con chi ne ha bisogno, visitare i malati e i carcerati, accogliere i forestieri; consolare chi soffre, consigliare chi dubita, insegnare a chi non sa, correggere fraternamente i peccatori, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone pesanti e pregare per i vivi e per i morti. Sono azioni concrete che tutti possiamo fare e sono un modo concreto ed efficace di combattere l’indifferenza, prendendoci cura gli uni degli altri. Il discepolo di Cristo non si contenta di denunciare l’ingiustizia, ma per quanto gli è possibile cerca di porvi rimedio, ricordando che accanto alla povertà materiale ci sono anche numerose forme di povertà culturale, morale, spirituale e religiosa.

 

condividi su