Carissimi, celebriamo Il giorno del Signore, San Lorenzo e la festa degli Alpini e lo facciamo nella chiesa di Pila perché ricordiamo i venticinque anni della sua consacrazione per le mani di Mons. Anfossi il 6 agosto 2000. La Parola di Dio, da parte sua, ci proietta verso il futuro. Ci chiama a farci uomini e donne di futuro, non un futuro qualsiasi, ma il futuro di Dio che si spinge fino all’eternità, oltre il tempo presente, oltre la morte. Per questo Gesù ci affida una parola: Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno. È la consegna della fede che è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede.
Tutto questo è simbolicamente contenuto nel segno della chiesa edificio nel quale ci raduniamo, come figli di Dio e discepoli di Gesù, per celebrare i misteri della fede, appunto.
Fermiamo qualche istante la nostra attenzione sull’edificio che ci accoglie e lasciamo che ci parli.
Entrando non ci troviamo in un salottino, ma in una grande sala con tanti posti, indice di un’assemblea che viene riunita, ma non si tratta di un gruppo qualsiasi, bensì della Chiesa di Dio, cioè dell’assemblea che è convocata da Dio stesso. Il termine Chiesa letteralmente significa proprio chiamati insieme. Veniamo tutti radunati dallo stesso Signore e posti uno accanto all’altro e tutti guardiamo nella stessa direzione verso Cristo crocifisso e risorto rappresentato dall’altare. Dal suo sacrificio pasquale tutto è iniziato e tutto deriva. L’assemblea ci proietta fin dalla sua convocazione verso il futuro di Dio che fa passare l’umanità dall’io al noi ecclesiale, segno e strumento dell’unità di tutto il genere umano in Cristo. Un piccolo germe, forte della potenza dello Spirito.
Sull’altare, che veneriamo come segno di Cristo, viene ripresentato il sacrificio della croce, richiamato dal Crocifisso che sempre gli sta accanto o sopra. Sull’altare vengono portati il pane e il vino che sono il segno della nostra vita. Per l’azione dello Spirito Santo invocato dal Sacerdote il pane e il vino diventano il Corpo e il Sangue di Gesù e ritornano a noi per farci fare comunione con Lui e così trasformare in Lui anche la nostra vita. Così, ogni volta che facciamo comunione al Corpo e al Sangue di Cristo, il futuro di Dio si impadronisce di noi perché ci assimila a Gesù nell’amore per il Padre e per i fratelli e immette nel nostro essere il germe della risurrezione futura. Dai primi cristiani l’Eucaristia era anche chiamata: farmaco di immortalità. Sull’altare davvero cielo e terra si toccano: il Creatore incontra la creatura e la ricolma della sua vita!
Accanto alla mensa del pane eucaristico ecco la mensa della Parola, l’ambone dal quale viene proclamato il Vangelo, seme di vita sparso nei solchi della nostra esistenza per germogliare e crescere nelle opere buone… che Dio ha preparato perché in esse camminassimo (Ef 2, 10). Qui il futuro prende il nome di speranza. Gesù la paragona all’attesa vigilante del contadino che aspetta con fiducia i frutti della sua semina (cfr Mc 4, 26-32).
Nella chiesa, c’è un altro punto simbolico, la sede presidenziale. Chi presiede la Liturgia e la comunità, indipendentemente dalle sue capacità e dai suoi difetti, rappresenta Gesù, il Buon Pastore. Il compito di chi presiede è condurre il Popolo sulla strada del Vangelo che ha come destinazione finale il corteo glorioso del Risorto, verso il quale siamo tutti incamminati.
La chiesa si chiude con questa piccola abside che rimanda alla fine dei tempi, al Paradiso. Le icone che la impreziosiscono sono come finestre sulla patria e ci lasciano intravvedere i Santi, nostri fratelli, modelli di vita cristiana e intercessori, che ci attendono in Dio per l’eternità.
Quando l’assemblea si scioglie, Gesù, presente nel Pane eucaristico custodito nel tabernacolo, ci attende perché chiunque cerchi un momento di pace e di raccoglimento possa sostare davanti a Lui per adorare, dialogare, ringraziare o piangere e invocare perdono e aiuto. E, ancora una volta, siamo rimandati al futuro di Dio, con una nuova strada che si apre, come i discepoli Emmaus che si erano allontanati delusi da Gerusalemme, ma che vi ritornano entusiasti dopo aver incontrato il Risorto nello spezzare il pane (cfr Lc 24, 13-35).
Così sia!