Santa Messa nella festa di Santa Venera

Cattedrale di Acireale

26-07-2025

 

Carissimi fratelli e sorelle, ringrazio il vostro Vescovo Antonino per avermi invitato a presiedere la solenne celebrazione in onore di santa Venera. Oggi è anche l’anniversario della sua elezione alla Chiesa di Acireale: eleviamo una preghiera particolare per lui.
Saluto i Confratelli Vescovi, Mons. Paolo Urso e Salvatore Gristina, i Canonici e il Clero, i Consacrati, i Seminaristi e tutto il Popolo di Dio.
Un saluto deferente alle Autorità civili e militari che onorano l’assemblea con la loro presenza.
Un saluto riconoscente agli Operatori della sanità che celebrano il loro Giubileo.
La palma che santa Venera porta in mano è segno del martirio. Essa è impreziosita da tre corone, che rimandano ai tratti salienti della sua testimonianza: la croce, la verginità e la predicazione. Sono come tre pennellate che ci restituiscono il suo ritratto spirituale: discepola, sposa e testimone di Cristo, modello di vita cristiana per noi.
Se santa Venera è rimasta fedele a Gesù fino al martirio è perché Gesù teneva insieme tutta la sua vita, anima, corpo e spirito, interiorità e relazioni. Gesù era tutto per lei, Sposo fedele, Maestro di verità e Salvatore in mezzo alle lusinghe e alle persecuzioni del mondo.
Viviamo in un tempo di grande dispersione: le nostre esistenze e le nostre relazioni sono frammentate, frammentate le comunità e la società. A volte mi chiedo se l’eccesso di violenza che caratterizza il nostro mondo, a tutti i livelli, non derivi da questa disgregazione delle persone e della convivenza sociale. Abbiamo bisogno di ricostruire unità dentro di noi e tra di noi, rimettendo al centro Gesù, come ha ricordato un mese fa il Papa ai Vescovi italiani e, quindi, alle nostre diocesi: «Si tratta di porre Gesù Cristo al centro e… aiutare le persone a vivere una relazione personale con Lui, per scoprire la gioia del Vangelo. In un tempo di grande frammentarietà è necessario tornare alle fondamenta della nostra fede… Questo è il primo grande impegno che motiva tutti gli altri: portare Cristo “nelle vene” dell’umanità».
È questo il desiderio che deve animare il Cammino sinodale della Chiesa italiana. Questo è il bisogno del mondo, questo il compito che Gesù ci affida. Lo affida a ciascuno di noi e alle nostre comunità.

Come affrontare la sfida? Ci possono aiutano le tre corone di santa Venera.

La Croce.

Fratelli, la parola della croce è stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio. Chi pensa di tenere per se la vita in realtà la perde; chi, invece, la perde per Cristo, donandosi agli altri nel servizio e nell’amore, la salva. È questo il paradosso cristiano, e forse la legge della vita così come è uscita dalle mani del Creatore. Basta pensare al seme che cade in terra e muore per dare vita a una nuova pianta (cfr Gv 12, 24). Gesù l’ha fatta sua nel gran disegno di rinascita pasquale dell’umanità e della creazione. Santa Venera l’ha abbracciata nei tormenti subiti, ma prima ancora come regola di vita: donando in elemosina i beni, mettendosi al servizio dei malati, dedicandosi all’ascesi, al silenzio e, poi, all’annuncio del Vangelo in un mondo ad esso refrattario. Il martirio è il frutto maturo della croce quotidiana del dono di sé. Un mondo chiuso e individualista come il nostro può rimanere colpito dalla testimonianza di una giovane donna che si dona agli altri per Cristo. Se vogliamo davvero «portare Cristo “nelle vene” dell’umanità» dobbiamo fare come lei, donarci ogni giorno con generosità per amore di Cristo, compiendo nel nascondimento la nostra missione là dove il Signore ci ha chiamato. Oggi, come ai tempi di santa Venera, l’evangelizzazione passa di qui, nel dono concreto di sé.

La verginità.

Ci richiama all’assoluto di Dio. A Lui, fin dall’inizio del cristianesimo, uomini e donne consacrano la propria verginità. La loro vita grida al mondo che Dio c’è ed è amore. Al di là di questa specifica vocazione, ognuno di noi è chiamato a dire Dio con la propria vita e le proprie scelte. Il mondo occidentale ha un bisogno drammatico di questa narrazione. Siamo «la prima civiltà della storia che cerca di elevare l’edificio della convivenza umana programmando l’esclusione della trascendenza religiosa dalle parole che contano e dai valori che uniscono» (Giuliano Zanchi). Ogni giorno constatiamo che la rimozione della questione di Dio porta «con sé drammi quali la perdita del senso della vita, l’oblio della misericordia, la violazione della dignità della persona nelle sue forme più drammatiche, la crisi della famiglia e tante altre ferite di cui la nostra società soffre e non poco» (Leone XIV).

La predicazione.

Io… non mi vergogno del Vangelo… potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede (Rm 1, 16). Queste parole dell’Apostolo potrebbero incorniciare la vita e la morte di santa Venera. La sua testimonianza è una predica vivente. Ci invita a guardare alle nostre terre in via di scristianizzazione, per farci apostoli del Vangelo. Da una recente indagine risulta che circa il 71% degli italiani si definisce cattolico. Fa riflettere la declinazione del dato: il 15% si dice praticante; il 35% partecipa occasionalmente; il 21% dichiara di essere cattolico non praticante. Questa enorme zona grigia ci interpella: c’è ancora desiderio di Dio; purtroppo spesso non riusciamo a intercettarlo e molti non trovano più nella Chiesa la risposta al bisogno di spiritualità e cercano altrove.
Non sarà con i proclami che torneremo a intercettare la vita e le domande dei nostri compagni di viaggio, ma solo con la relazione personale e il racconto del nostro rapporto con il Signore e di quanto Dio fa nella nostra vita, in famiglia e nella comunità.

Concludo, se permettete, applicando a santa Venera ciò che ebbe a dire in morte di Piergiorgio Frassati un improbabile agiografo: «Quel giovane cattolico era anzitutto un credente… Tra l’odio, la superbia e lo spirito di dominio e di preda, questo ‘cristiano’ che crede, e opera come crede, e parla come sente, e fa come parla… è pure un modello che può insegnare qualcosa a tutti». Sono parole di Filippo Turati. Fanno pensare. Ecco, santa Venera è modello per noi: una credente che tra l’odio, la superbia e lo spirito di dominio e di preda parla come crede e fa come parla.

Ci conceda Dio di imitarla. Così sia!

 

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