Nella prima lettura abbiamo ascoltato una promessa che Dio rivolge agli abitanti di Sion e alla stessa natura (la steppa, il deserto) oppressi da una situazione penosa. Dio interviene e capovolge la situazione, libera e trasforma ogni cosa. Il cambiamento viene presentato mediante delle metafore che fanno riferimento a condizioni umane ben precise.
Innanzitutto si parla di smarriti di cuore, persone sfiduciate a causa degli avvenimenti della vita e della prepotenza di quanti fanno valere potere, ricchezza, forza. Sembra che l’arroganza abbia la meglio, mentre i poveri sono sempre bastonati. Proprio agli smarriti di cuore il profeta grida: “Coraggio! Non temete; ecco il vostro Dio… Egli viene a salvarvi”.
Si parla poi di ciechi, sordi e zoppi, uomini toccati da infermità fisiche, morali e spirituali che non sembrano dare speranza. A costoro viene annunciato l’intervento di Dio, un intervento che scioglie le catene e libera restituendo pienezza di vita.
Anche alla terra, che partecipa della desolazione del povero, viene annunciato un futuro di vita: nel deserto scaturiranno acque e nella steppa scorreranno torrenti.
Il miracolo raccontato da San Marco dice che in Gesù l’antica promessa si compie. Fanno proprio riferimento al testo di Isaia le folle quando, piene di stupore, vanno dicendo: Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!
E questo è anche il mistero che avvolge ognuno di noi fin dal Battesimo: il sacerdote ha toccato le nostre orecchie e le nostre labbra, ripetendo il gesto di Gesù e dicendo: il Signore che ha fatto udire i sordi e parlare i muti ti conceda di ascoltare presto la sua parola e di professare la tua fede. Quel giorno abbiamo ricevuto il dono della fede, sorgente di guarigione interiore e di speranza.
La promessa di Isaia, il miracolo di Gesù, il gesto della Liturgia rimandano alla prima pagina della storia della salvezza, quando il libro della Genesi racconta che Dio, alla sera di ogni giorno della creazione, prende del tempo per contemplare con amore ciò che ha realizzato, giudicandolo buono e bello: Dio vide che era cosa buona/bella! (cfr 1, 1-31).
Il Vangelo di oggi ci presenta Gesù come Colui che riporta la creazione alla sua bellezza e bontà originaria, secondo il progetto del Creatore.
E l’uomo, sordo e muto, guarito da Gesù, si unisce all’inno di lode intonato dal Creatore fin dall’inizio e questo anche grazie ad un certo modo di guardare la realtà non caratterizzato solo da una visione utilitaristica, ma anche contemplativa, cioè capace di cogliere il bello, capace come Dio di lodare, di bene-dire, senza peraltro cadere nell’ingenuità di non vedere i problemi, ma aprendosi alla carità che i problemi affronta.
Siamo saliti qui per deporre ai piedi di Maria gioie e dolori, invocazioni e speranze. Maria ci invita a guardare a suo Figlio: lui ci guarisce, lui è la mano benedicente di Dio, la nostra speranza, Lui è il grazie dell’umanità al Padre. Se siamo in Lui, se viviamo nella sua grazia nessun deserto resisterà alla fioritura di Dio, nessuna arsura alle sorgenti divine di acqua viva. Questa è la nostra unica speranza!