Natale è un inno alla vita intonato da Dio stesso, che non si arrende al fallimento e alla tristezza delle sue creature. Dio non vuole la morte, la guerra, le brutture della violenza. Dio vuole la vita! Per questo ha mandato nel mondo il Figlio, Principe della pace (Is 9, 5).
Celebrare il Natale significa riscoprire la sorgente della vita che san Giovanni descrive così: In principio… il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini. La scintilla della vita è il Figlio eterno del Padre. È questa scintilla divina che accende l’esistenza di ogni persona che nasce sulla faccia della terra. La vita è dono di Dio che ci ama in maniera unica e irripetibile e non cessa di rimanere alla porta del nostro cuore e della nostra intelligenza. Non c’è nessuna situazione, per quanto incresciosa, che possa intaccare la sua vicinanza e il suo amore. Nemmeno il peccato. Al contrario: La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Proprio nelle tenebre brilla la sua luce e a quanti lo accolgono: Ha dato potere di diventare figli di Dio. Nella fede, riprendiamo coscienza di essere generati da Dio, creati a sua immagine e fatti suoi figli nel Battesimo. La consapevolezza del dono ci permette di cantare con gratitudine l’inno alla vita, cioè di viverla in pienezza, aiutando gli altri a fare altrettanto.
Suggerisco due attenzioni, molto concrete, alle nostre comunità cristiane per cantare l’inno alla vita.
La prima è rivolta alla vita nascente. Sosteniamo le giovani famiglie perché possano essere nelle condizioni di generare figli con gioia e senza eccessive preoccupazioni. Chiediamo a politici e amministratori adeguate politiche familiari e non dimentichiamo di valutare anche con questa chiave il loro operato e i loro programmi al momento delle elezioni. Offriamo nelle nostre Unità parrocchiali percorsi di accompagnamento perché le giovani famiglie non siano lasciate sole. Facciamo tutto quanto è in nostro potere perché la scintilla divina della vita non sia spenta nel grembo materno. È terribile sentire certi discorsi che identificano la vita del nascituro con la donna che lo ha concepito o addirittura con il suo corpo. È la negazione dell’alterità da cui discende il rispetto per la dignità di ogni persona. È l’affermazione del diritto del più forte su chi non può difendersi. Questa cultura di morte va contrastata, confrontandoci senza complessi di inferiorità con visioni diverse, ma anche e soprattutto con uno sforzo educativo serio e motivato nei riguardi delle giovani generazioni e con la solidarietà fattiva verso le mamme e i papà che vivono una gravidanza problematica o indesiderata.
Una seconda attenzione, che mi sta molto a cuore, è per quanti patiscono la fatica del vivere e non riescono più a coglierne il senso, arrivando a pensare di mettere fine alla propria esistenza. Il Natale non può coprire la realtà dei troppi suicidi che feriscono la nostra comunità. Ci sono già molte iniziative, ma occorre fare di più. E questo di più ci interpella. Ricordo una canzone di tanti anni fa che raccontava di un disperato salvato in extremis da qualcuno giunto sul posto, «forse un angelo vestito da passante», che lo invitava a riconoscere la meraviglia del mondo e della vita. Ecco, dobbiamo tutti essere angelo per gli altri. È questo il di più che ci compete. Non si tratta tanto di trovarsi al posto giusto al momento giusto, cosa quasi impossibile. Mi riferisco piuttosto all’impegno di offrire ascolto e vicinanza alle persone in difficoltà, anzi di costruire luoghi fraterni nei quali ci si possa sentire accolti e vivere relazioni vere che prevengono le difficoltà. Dobbiamo lavorare e tanto per strappare le nostre relazioni e le nostre comunità alla solitudine e all’anonimato.
A Natale facciamo come l’angelo del presepe, annunciamo la nascita di Gesù, il Salvatore, portatore di gioia e di pace per tutti.
A Natale Dio canta l’inno alla vita per le sue creature, per noi! Uniamo la nostra voce alla sua: «La vita è un inno, cantalo!» (Madre Teresa).