In questi giorni celebriamo la risurrezione di Gesù, mistero sorprendente e, francamente, incredibile per la mente umana. Eppure la fede cristiana poggia su questa unica certezza: Gesù è risorto! Questo hanno testimoniato fino al martirio i suoi primi discepoli. Hanno anche annunciato il perdono dei peccati, l’amore fraterno e l’amore dei nemici, le beatitudini della mitezza e della pace predicati da Gesù, ma l’unica cosa che rende possibile e credibile il loro annuncio è la risurrezione di Cristo, altrimenti la sua morte in croce avrebbe certificato il fallimento del suo insegnamento. Gesù avrebbe, sì, detto cose molto belle, ma impossibili da praticare veramente, una mera utopia. Se invece Cristo è risorto, anche noi possiamo camminare dietro a Lui in una vita nuova e praticare sensatamente le beatitudini.
In questa certezza si radica l’invito alla speranza che ha instancabilmente animato il ministero e il magistero di papa Francesco. Lo dice lui stesso indicendo il Giubileo, quando alla domanda circa il fondamento del nostro sperare risponde: «Gesù morto e risorto è il cuore della nostra fede… La speranza cristiana consiste proprio in questo: davanti alla morte, dove tutto sembra finire, si riceve la certezza che, grazie a Cristo, alla sua grazia che ci è stata comunicata nel Battesimo, “la vita non è tolta, ma trasformata”, per sempre » (SnC 19-20).
Se il Papa ha chiesto, soprattutto ai giovani, di guardare al futuro con speranza – «Non lasciatevi rubare la speranza»! – è perché dentro alla speranza riconosceva lo sguardo misericordioso del Signore che passa accanto all’uomo, a ogni uomo, e lo chiama a vita eterna.
Francesco è stato il Papa della misericordia. Non si tratta di sentimento, ma della cifra teologica del rapporto di Dio con l’umanità. La riconosciamo nel suo motto, miserando atque eligendo, che rimanda allo sguardo pieno di tenerezza con il quale Gesù, passando tra la gente, vide il pubblicano Matteo, lo chiamò a seguirlo e ne fece un apostolo.
È a questa luce che vanno letti gli insegnamenti e i richiami che hanno maggiormente caratterizzato il suo pontificato e che troppo spesso vengono presentati in una mera dimensione orizzontale.
È stato, fin da subito, fin dal suo viaggio a Lampedusa, il Papa dei poveri, degli ultimi, degli scartati. Per Francesco non è solo questione di giustizia sociale o di azione umanitaria; la sua attenzione nasce dal Vangelo – nel povero c’è Cristo da amare e servire – e al Vangelo è indirizzata. La sua visione non è quella di una Chiesa che tende la mano per aiutare, ma di una Chiesa che aiuta includendo. Non basta il gesto dell’elemosina, della denuncia o dell’impegno per cambiare le strutture ingiuste e violente della società, bisogna che il povero possa accogliere Gesù e il suo Vangelo e diventare protagonista attivo della vita della Chiesa. Un programma che sta ancora davanti alle nostre comunità e che può dire molto anche a chi governa e amministra la comunità civile e a chi si occupa del sociale.
Francesco è stato il Papa della pace, sulla scia di tutti i suoi ultimi predecessori fin da Benedetto XV, al tempo della Grande Guerra. La pace invocata da Dio e implorata presso i Responsabili delle nazioni non si esaurisce nell’azione politica, pur riconosciuta come essenziale. Per Francesco la pace è frutto della beatitudine evangelica e dunque azione profetica: non si regge sugli equilibri mondani, sulla forza della dissuasione, ma sulla convinzione che tutti gli uomini sono fratelli perché tutti figli di Dio e sulla convinzione della dignità unica e intangibile di ogni persona creata a immagine di Dio. Per la forza di questi due principi, fraternità e dignità, il Santo Padre ricorda che la pace si costruisce attraverso il dialogo, l’ascolto delle ragioni dell’altro e, soprattutto, attraverso il perdono e l’avvio di processi di riconciliazione.
Francesco è stato il primo Papa a dedicare un’Enciclica ai temi legati all’ecologia. Anche qui con un’originalità che credo non venga sempre colta, quella di uscire dal corto circuito per cui l’ecologia riguarda l’azione dell’uomo verso la natura considerata come un dato fisso che può essere solo rispettato o rovinato. Per il Santo Padre il creato comprende anche l’uomo in connessione profonda con l’universo attraverso tutte le sue relazioni, a partire dalla relazione con Dio e poi con gli altri, dalla dimensione interpersonale a quella sociale che comprende sapere, arte, tecnica, politica, economia. L’obiettivo sotteso all’impegno del Papa è il recupero dell’armonia voluta dal Creatore.
Concludo ringraziando papa Francesco per l’accelerazione che ha impresso all’assunzione da parte della Chiesa dello stile sinodale, già chiaramente indicato dal Concilio. Per la Chiesa italiana lo ha fatto in particolare con il discorso al Convegno di Firenze 2015. Ci ha spronato ad ascoltarci fraternamente e a coinvolgere maggiormente tutta la comunità nella vita, nelle decisioni e nella missione, dando a tutti la parola, valorizzando concretamente il ruolo dei laici e delle donne.
Grazie, papa Francesco. Il Signore ti dia pace!