Santa Messa in occasione del pellegrinaggio dell’Azione Cattolica

Santuario Madonna delle Nevi a Machaby (Arnad)

02-06-2025

 

Le parole entusiastiche dei discepoli tradiscono l’atteggiamento dei discepoli di sempre che in alcuni momenti pensano di tenere in mano il segreto della persona di Gesù e di possedere una fede adulta, a tutta prova, dimenticando che Gesù ha chiaramente detto che il segreto della sua persona si coglie immergendosi nel mistero della sua Pasqua grazie allo Spirito che insegna e ricorda dal di dentro tutto quanto Egli è ha fatto e ha detto.

Gesù rintuzza i discepoli: Adesso credete? Ecco, viene l’ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto suo e mi lascerete solo. Sono parole amare. Ma Gesù non è mai solo. Vive sempre in comunione profonda con il Padre e, come uomo, sceglie ciò che conta agli occhi di Dio, al di là del giudizio del mondo. Per questo può terminare il colloquio con i suoi con parole piene di speranza e fiducia: Abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!

La solidità del rapporto con Dio emerge nell’ora della prova, quando ci si trova soli davanti a Dio e i sostegni umani e le grandi illusioni improvvisamente si dileguano. La fede si purifica nelle prove e nella solitudine: Io non sono solo, perché il Padre è con me. È il segreto della persona di Gesù! È il segreto dei suoi discepoli: la prova, le tribolazioni appartengono al processo pasquale di maturazione del credente.

La fede è un’esperienza tagliata e tarata su Gesù: non un sapere solo di testa, ma un  sapere della vita e della morte: Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore (Gv 12, 24-26).

L’esperienza partecipata della sua Pasqua e la luce dello Spirito sono indispensabili perché ci sia una vera comprensione del mistero di Gesù. Adesso come allora.

La solitudine rappresenta oggi una cifra non trascurabile della percezione di sé dei nostri compagni di viaggio umani e anche nostra. E Gesù ripete: Io non sono solo. La sua parola diventa un appello alla consapevolezza e all’interiorità da coltivare per vivere la solitudine, reale o percepita (non fa molta differenza) e per affrontare le avversità. Tante volte nei salmi diciamo a Dio che è per noi roccia, baluardo, conforto, consolazione. La vergine Maria, donna dell’ascolto e del silenzio, che oggi ci accoglie nella sua casa, ci richiama all’interiorità, al silenzio, alla capacità di rientrare in noi stessi per coltivare il dialogo con noi stessi alla presenza di Dio. Da qui uno sguardo diverso sulla solitudine, sulle sofferenze e sulle contraddizioni della vita, da vedere non tanto come il buco nero che divora la vita, ma come porta che apre al mistero di Gesù e all’amore di Dio e degli altri. Se questa esperienza di speranza dentro la fatica e le avversità non plasma la nostra vita, il nostro annuncio è letterario.

Concludo con un appello che raccolgo innanzitutto per me. Lo raccolgo da un’omelia del Papa nella quale dice che le nostre devono essere: «Vite conosciute, vite leggibili, vite credibili!… Insieme, allora, ricostruiremo la credibilità di una Chiesa ferita, inviata a un’umanità ferita, dentro una creazione ferita. Non siamo ancora perfetti, ma è necessario essere credibili… tutto ciò che ai nostri occhi si presenta infranto e perduto ci appare ora nel segno della riconciliazione. “L’amore del Cristo infatti ci possiede”, cari fratelli e sorelle! È un possesso che libera e che ci abilita a non possedere nessuno. Liberare, non possedere. Siamo di Dio: non c’è ricchezza più grande da apprezzare e da partecipare. È l’unica ricchezza che, condivisa, si moltiplica. La vogliamo insieme portare nel mondo che Dio ha tanto amato da dare il suo unico Figlio (cfr Gv 3,16)».

 

condividi su