Ogni anno, giunti al Mercoledì delle ceneri, chiediamo a Dio di poter iniziare «un cammino di vera conversione, per affrontare vittoriosamente con le armi della penitenza il combattimento contro lo spirito del male». È con questa preghiera nel cuore che tra poco riceveremo le ceneri.
Fermiamoci un momento a comprendere ciò che chiediamo al Signore, partendo da una domanda: «C’è qualcosa in me che non va e che dev’essere cambiato?». Non devo subito pensare alla correzione momentanea di qualche comportamento (sono goloso – mangiare un po’ meno, uso troppo il telefonino – mi darò una regola durante la Quaresima, sono impaziente – cercherò di non reagire in maniera impulsiva). Devo pensare invece agli atteggiamenti più profondi del mio animo dai quali scaturiscono scelte concrete e comportamenti. Parlare di cambiamento/conversione significa toccare questo livello della nostra vita interiore: è un rivolgimento che San Paolo descrive così: Vi siete svestiti dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato (Col 3, 9-10). L’uomo nuovo è Cristo. Svestiamo l’uomo vecchio mettendoci alla scuola di Gesù per assumerne lo sguardo, il pensiero, il cuore. Si tratta di lasciarsi plasmare dal suo modo di giudicare la vita e le situazioni, dalla sua preghiera che ci unisce a Lui nel rapporto filiale con il Padre, dal suo amore che ci allarga il cuore a immagine del suo e lo rende capace di amare tutti e di accogliere ogni persona come fosse unica.
Questo rivolgimento interiore è collegato dalla Liturgia a un combattimento perché dentro di noi ci sono resistenze al bene e alla novità del Vangelo, resistenze provocate dallo spirito del male. Ecco allora le armi della penitenza che Gesù richiama nel Vangelo, digiuno, preghiera ed elemosina. Sono tre realtà che si muovono tenendosi per mano. Il digiuno non è per prima cosa privazione alimentare; questa è uno strumento per aiutare il cuore e la mente a prendere coscienza del limite e della piccolezza della nostra persona e aprirci a Dio nella preghiera e ai fratelli nella carità. Digiunare vuol dire fare spazio a Dio e agli altri. La seconda domanda che devo farmi questa sera è quale sia il digiuno necessario per la mia vita in questo momento, cioè quale spiraglio devo aprire alla grazia di Dio perché possa liberarmi da questa o quella dipendenza?
Scegliamo dunque di camminare nella discrezione, senza esibizionismi, per dire a noi stessi che la salvezza non viene da noi o dalla considerazione che gli altri hanno di noi, ma solo dal Signore. Scegliamo di camminare nella sobrietà per imparare a discernere, a giudicare ciò che è essenziale nella vita, nelle relazioni, nel lavoro, rifuggendo dall’apparenza. Scegliamo di non nasconderci dietro alla maschera come gli ipocriti che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano, ma mostriamo la bellezza di rinunciare a qualcosa per consegnarci a Dio e condividere con gli altri.
Questo è il cammino di conversione che vogliamo percorrere e per il quale siamo disposti al combattimento interiore: Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove (2 Cor 5, 7).