Carissimi, riuniti per celebrare il Patrono del Seminario e degli Operatori della Comunicazione, affidiamo all’intercessione di san Francesco di Sales il seminarista Simone e i giovani che si interrogano sulla possibile vocazione sacerdotale e quanti lavorano nel mondo della comunicazione nella nostra Valle perché siano animati dall’amore per la verità e dallo spirito di servizio verso la comunità.
La Liturgia ci consegna un ritratto alto di san Francesco: si è fatto tutto a tutti per la salvezza delle anime, mettendosi al servizio dei fratelli con carità e mitezza per testimoniare la dolcezza dell’amore di Dio. Non è un ritratto scontato per un uomo del suo tempo, quando anche i conflitti religiosi si risolvevano con le armi. Quando Francesco diventa Prevosto del Capitolo di Ginevra – in esilio ad Anneçy con il Vescovo – pronuncia un discorso nel quale propone ai Canonici un’impresa capace di infiammare gli animi, riconquistare Ginevra. Ed enuncia il suo piano di battaglia: «C’est par la charité qu’il faut ébranler les murs de Genève, par la charité qu’il faut l’envahir, par la charité qu’il faut la recouvrer… Je ne vous propose ni le fer, ni cette poudre dont l’odeur et la saveur rappelle la fournaise infernale; je n’organise pas un de ces camps dont les soldats n’ont ni foi ni pitié. Que notre camp soit le camp de Dieu… C’est par la faim et la soif, endurés non par nos adversaires mais par nous-mêmes, que nous devons repousser l’ennemi. C’est par la prière que nous le chasserons». Aggiunge poi un particolare tipico dell’assedio di una città, l’interruzione degli acquedotti, affermando però che l’acqua che disseta ogni forma di eresia è la cattiva condotta dei fedeli e in particolare degli ecclesiastici. È questo l’acquedotto che va tagliato con la conversione e l’esempio di una vita santa (cfr Harangue pour la Prévôté, in OEuvres de Saint François de Sales T. VII Vol. I, Anneçy 1896, pp. 99-113, 100.107-109 passim).
Subito dopo, il nostro Santo si offre volontario come missionario per riportare alla fede cattolica gli abitanti del territorio di Thonon, tornati sotto il dominio dei Savoia. Passò di villaggio in villaggio, di casa in casa usando proprio le armi evangeliche della carità e della penitenza che aveva teorizzato. La carità lo rese anche creativo e innovativo nei metodi, come sappiamo. Mi riferisco alla sua predicazione attraverso i fogli volanti.
Che cosa dice il suo esempio a noi che viviamo in un tempo di scristianizzazione crescente? Un tempo che urge alla rievangelizzazione, che però stenta a trovare le vie giuste e il necessario entusiasmo dei missionari. Ci invita a non rinunciare alla verità del Vangelo e alla sua capacità di toccare la vita di tutti; a farci annunciatori miti e forti della Parola di salvezza; a pagare di persona, estirpando dal nostro cuore il peccato per vivere santamente. Ci richiama perché spesso preferiamo alla carità la tolleranza, anticamera dell’indifferenza e bastione protettivo della nostra tranquillità. Di fronte alla scristianizzazione crescente la tolleranza ci colloca in una zona di comfort che chiama rispetto l’indifferenza. La carità, invece, non si accontenta, non dà pace, rende partecipi della volontà divina di salvare tutti gli uomini, sprona all’annuncio, a prendersi cura della sorte di tanti fratelli e sorelle, come ha fatto Gesù: Vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga.