I.
Tutti questi erano perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù, e ai fratelli di lui.
La prima consegna che riceviamo questa sera è di essere perseveranti e concordi nella preghiera. Che cosa vuol dire per noi? Provo a tradurlo terra terra. È un invito a essere presenti all’appuntamento domenicale della vostra comunità. Il cammino della vita cristiana non è cammino individuale, ma cammino che si compie con gli altri. E gli altri non sono solo gli amici e i coetanei, ma tutti i membri della comunità. Per questo i primi discepoli non erano solo perseveranti, ma anche concordi, cercando di costruire tra loro legami e rapporti di fraternità nella fede e nella carità. Questi legami bisogna innanzitutto volerli e coltivarli. Questi legami, poi, sono veri se vanno oltre i confini dettati dall’età, dalla parentela, dalla comunanza di esperienze, di pensiero e di interessi. La bellezza della Chiesa è proprio quella di cercare di stare bene insieme, accogliendo e valorizzando la diversità ricondotta ad unità dalla fede e dall’amore.
La sfida che vi affido stasera è di essere protagonisti di questi legami nelle vostre comunità, come costruttori di ponti tra le persone e le generazioni, facendo di tutto per strappare gli appuntamenti comunitari all’anonimato e per favorire la concordia, il perdono e il dialogo.
II.
La speranza… non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori… Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.
Carissimi, oltre al cuore che fa circolare il sangue in tutto il nostro organismo, c’è un altro motore che ci fa vivere, la speranza, l’attesa, spesso indefinita, che accada qualcosa di bello e di buono che dia pienezza e felicità alla nostra vita. E così, di desiderio in desiderio, andiamo avanti. L’attesa di bene che muove e da senso al nostro vivere è come uno spazio che il Creatore ha predisposto in noi per accogliere il Vangelo: Dio è vicino a te, Dio ti ama e per questo ha mandato nel mondo Gesù, il suo Figlio che è morto in croce per lavare i peccati dell’umanità intera e aprirle una via di salvezza. Questa è la risposta all’attesa più profonda del cuore di ognuno di noi. L’amore di Dio, fin dalla creazione, ha questo di paradossale: il peccato e il rifiuto dell’uomo non lo affievolisce, ma lo intensifica, un po’ come l’amore di papà e mamma per il proprio figlio disobbediente. Se il figlio si allontana e va dove non avrebbe dovuto e si mette in pericolo, papà e mamma non lo abbandonano ma si buttano per salvarlo. Così ha fatto e fa Dio con noi. Nessuno, per quanto si allontani e pecchi, esce dal raggio del suo amore, discreto fin che si voglia, ma incrollabilmente fedele. Il Giubileo, che inizierà a Natale, ci invita a farci pellegrini di speranza, cioè a ritrovare le radici della speranza umana nell’amore di Dio in Gesù Cristo.
III.
Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!
L’ultima consegna che vi faccio, cari amici, questa sera, sono proprio le parole di Gesù appena ascoltate.
Nella nostra Chiesa diocesana abbiamo bisogno di tutte le vocazioni – al matrimonio cristiano e a generare figli, alla vita consacrata, al ministero ordinato – e per tutte dobbiamo pregare. Soprattutto abbiamo bisogno di vocazioni sacerdotali! E non si tratta solo di numeri, ma anche di vocazioni belle, generose e sante. Per questo dobbiamo pregare. Certo, è Dio a chiamare, ma Gesù ci ha fatto capire che Dio risponde a chi sente e grida il bisogno! Noi lo sentiamo? Io lo sento? La parola di Gesù questa sera ci provoca, mi provoca…