Celebrazione diocesana per l’apertura del Giubileo

Cattedrale di Aosta

29-12-2024

 

Perché celebrare un Anno santo?

La risposta è davanti a noi, nel Crocifisso, segno dell’amore infinito di Dio per l’umanità. Dio non vuole che gli uomini, creati a sua immagine, si perdano nel male e sprofondino nel vuoto e nella tristezza. Per questo ha mandato nel mondo il suo Figlio, Gesù, che, nella sua carne, ha inchiodato sulla croce il peccato e la morte. Per questo manda lo Spirito Santo ad accendere nel cuore dei credenti la luce della speranza.

Quando Gesù ha reclinato il capo e chiuso gli occhi sul mondo, in quegli occhi, pieni di dolore e di amore, c’ero io, c’eri tu, fratello, sorella, ognuno di noi, visti nella nudità del nostro peccato e nella grandezza del destino pensato dal Padre; c’eravamo noi infinitamente amati e, proprio per quell’amore, rilanciati sulle strade della vita! La morte del Figlio di Dio ha bruciato il peccato. In essa ogni peccato è perdonato. Gesù è la vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo (1 Gv 2, 2). In Lui si riapre per tutti la via della speranza. Se l’Anno santo ha un senso, cari fratelli e sorelle, è tutto qui! Lasciamoci dunque incontrare da Gesù, questo pomeriggio nella bellezza della Liturgia, da domani nel silenzio raccolto della Cattedrale vuota. Sostiamo davanti a questa croce e lasciamoci incontrare da Gesù. Attraverso di essa per secoli il Signore crocifisso e risorto ha posato il suo sguardo benevolo su tanti valdostani e viaggiatori che entravano e uscivano dalla Città. Lo vuole fare ancora. Veniamo qui con fede, in dialogo vivo e personale con il Signore. Facciamo come Anna, che aspettava di svezzare Samuele per condurlo a vedere il volto di Dio, e portiamo qui i nostri figli piccoli e raccontiamo loro le meraviglie di Dio. Vengano i poveri, i malati nel corpo, nell’anima e nella psiche e trovino il conforto di Colui che condivide dal di dentro la loro fatica e la loro sofferenza. Possano venire qui coloro che si sono allontanati dalla Chiesa e quanti non conoscono Gesù e non credono in Lui e possano essere raggiunti interiormente dalla sua Parola: Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita (Gv 8, 12).

Veniamo a Gesù. È questa l’anima viva del pellegrinaggio giubilare: un cammino interiore di conversione che ci fa ruotare di trecentosessanta gradi:  da me a Gesù. Sì, il primo ostacolo da abbattere per convertirsi è la propria autoreferenzialità («tutto gira attorno a me»), la sete insaziabile di autoaffermazione, radice di ogni dipendenza dal male. L’Anno santo è il momento giusto per fare il salto, per prendere il coraggio di andare oltre se stessi e mettere al centro Gesù, il suo Vangelo. Da qui scaturirà anche la comunione, cioè la capacità di costruire relazioni belle e gratuite in famiglia, nella comunità e con tutte le persone che incontriamo. Se non siamo preoccupati di noi stessi e dei nostri successi mondani, siamo liberi, diventiamo aperti e accoglienti.

La speranza che il Giubileo vuole rinvigorire non è semplice attesa, ma attesa che si fa ricerca. È la speranza di Maria e di Giuseppe che sperano di ritrovare Gesù e per questo lo cercano. La speranza cristiana è attesa del ritorno di Cristo, ma anche anticipazione del suo ritorno nella carità vissuta. Viviamo questa anticipazione nelle nostre comunità, lavorando ogni giorno per abbattere i muri della solitudine e strappare le relazioni alla freddezza formale dell’anonimato. Così aiutiamo noi stessi, le nostre famiglie, quanti si affacciano sulla porta della Chiesa a ritrovare la gioia di vivere. Riconsegno qui a voce quanto ho scritto nei giorni scorsi: sosteniamo le giovani famiglie perché possano fare esperienza della gioia di donare la vita, accompagniamo i giovani, soprattutto i più fragili tra loro, perché non abbiano mai a perdere il gusto della vita, curiamo le nostre relazioni malate con percorsi di perdono.

Non cediamo alla tentazione mondana della visibilità e dell’apparenza. Dedichiamoci invece fedelmente all’opera di Salvezza che Gesù affida a ogni battezzato e con particolare chiamata ai ministri ordinati. Lasciamo che il Signore si serva di noi dove c’è bisogno, «senza preoccuparci di essere visti e lodati, perseguendo il bene perché è buono, amandolo perché è amabile, condividendolo perché vogliamo che gli altri siano veramente felici. È così che si realizza un vero rinnovamento della Chiesa. È così che, a poco a poco, si rinnova la faccia della terra» (Mons. Erik Varden). Così sia!

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