Carissimi, siamo nuovamente all’inizio di un anno scolastico e mi piace suggerirvi di percorrerlo in compagnia di due amici. Uno lo troviamo nella prima lettura di oggi e si chiama Neemia e l’altra è la santa che oggi celebriamo e si chiama Teresa di Lisieux.
Neemia – il suo nome significa Dio ha consolato – è un giudeo nato a Babilonia in esilio (tra il 6° e il 5° secolo), uno straniero che si fa strada fino a essere alla corte del re Artaserse. Soffre perché la sua città, Gerusalemme, distrutta cent’anni prima, non riesce a risollevarsi. Si fa coraggio e chiede al re di poter andare a Gerusalemme e impegnarsi per la sua ricostruzione. Ci riesce in mezzo a mille difficoltà e non senza incontrare resistenze e opposizioni dai suoi stessi concittadini. Mi sembra un bell’esempio per noi, alunni, docenti e personale amministrativo e ausiliario della scuola. Vediamo che ci sono delle cose che non vanno, che c’è fatica e demotivazione. La tentazione è di fare il minimo e lasciare che le cose vadano come hanno da andare. Non giriamo la testa dall’altra parte, non scegliamo la comodità. Rimbocchiamoci le maniche e impegniamoci a fare seriamente il nostro lavoro e il nostro studio, anche quando non veniamo capiti o siamo presi in giro. Lavorare onestamente e seriamente, studiare con impegno sono gli strumenti che abbiamo fra le mani per ricostruire la città, cioè la nostra società perché possa vivere in modo pacifico, giusto e ordinato. Molto del futuro dipende da noi.
E poi c’è Santa Teresa, una giovane monaca carmelitana, come quelle che vivono in mezzo a noi nel monastero di Quart. È una giovane che ha grandi desideri, grandi sogni come tutti i giovani. Sentite come si descrive: «Mi sento la vocazione di guerriero, di prete, di apostolo, di dottore e di martire… O Gesù, vorrei percorrere la terra, predicare il tuo Nome e piantare… la tua Croce gloriosa, ma una sola missione non mi basterebbe, vorrei al tempo stesso annunciare il Vangelo nelle cinque parti del mondo… Vorrei essere missionaria non solo per qualche anno, ma vorrei esserlo stata sin dalla creazione del mondo ed esserlo fino alla consumazione dei secoli … O mio Gesù, a tutte le mie follie, cosa risponderai?». Gesù la aiuterà a scoprire che non è importante fare cose straordinarie, ma fare in modo straordinario, per amore, le cose di ogni giorno. La sua esperienza, dopo la sua morte, sarà fatta conoscere con il nome di piccola via e può essere praticata anche da noi: fare ogni giorno le cose normali con un cuore pieno di amore per Dio e per gli altri. Non credete che possa essere un programma per noi? E diventare una palestra per costruire, alla luce del Vangelo di Gesù, una nuova umanità?
Vi faccio un esempio. Oggi parliamo molto di pace perché la violenza disumana che insanguina tanti popoli è insopportabile. Ma che cosa possiamo fare per cambiare qualcosa nel mondo? Potremmo incominciare a porre nella vita quotidiana dei semi di pace e affidarli al Signore. Potrebbe sembrarci inutile rinunciare alle piccole ripicche e vendette, fare il primo passo verso qualcuno che ci ha offeso o che ci è ostile, non alzare il tono nelle discussioni, cercare di capire le ragioni dell’altro, cercare di dialogare sempre, non soffiare sul fuoco delle contrapposizioni… eppure nulla è troppo piccolo se fatto con amore e messo nelle mani di Dio che sa moltiplicare il bene e farlo fruttificare su larga scala.
Sia così per tutti noi!