Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata.
Carissimi familiari, cari fratelli e sorelle, il Vangelo, appena proclamato, è stato vissuto con intensità di fede e di amore dal diacono Eligio. È stato vissuto nella quotidianità di una vita donata, nel Matrimonio e nel Diaconato, con semplicità e nel nascondimento, senza la ricerca di riconoscimenti o del palcoscenico mondano. Lo ha ricordato bene all’inizio della nostra celebrazione il diacono Ramon.
Gesù per aiutare a capire che cosa sia il Regno di Dio usa due immagini, quella del lievito mescolato alla pasta per farla gonfiare e quella del piccolo granello di senape che, gettato nella terra, germoglia e cresce fino a diventare un albero capace di ospitare il nido degli uccelli.
Ma che cos’è il Regno di Dio? È la presenza di Dio e la sua azione di amore nella vita delle persone e delle comunità, a partire dalla famiglia, per aprirle alla comunione con Sé e alla fraternità. E questa azione di Dio si realizza laddove un cuore accoglie il dono di Dio e abbraccia con libertà e generosità lo stile del Vangelo, quello di Gesù che è venuto non per farsi servire, ma per servire e dare la sua vita per la salvezza dell’umanità (cfr Mt 20, 28). È il modo di agire di Dio: Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: “Eccolo qui”, oppure: “Eccolo là”. Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi! (Lc 17, 20-21). Sono le parole della fede pronunciate dai discepoli di Gesù e i gesti di amore da essi compiuti, senza che la mano sinistra sappia ciò che fa la destra, che rendono presente il Regno di Dio, Dio stesso in mezzo a noi.
Le parole della fede e i gesti dell’amore cristiano chiedono perseveranza e lotta per restare fedeli al mandato del Signore e non cadere nel grave peccato come il popolo di Israele nel deserto: Questo popolo ha commesso un grande peccato: si sono fatti un dio d’oro. Ci costruiamo un dio d’oro quando lasciamo che sia l’egoismo a prevalere, che sia la cupidigia a prendere il sopravvento. Allora il Regno di Dio viene oscurato e noi manchiamo alla missione che ci ha affidato e perdiamo la gioia.
Mentre rendiamo grazie al Signore per la vita di Eligio, mentre preghiamo perché lo purifichi da ogni residuo di peccato, frutto della fragilità umana, chiediamo anche di saperlo imitare, ciascuno di noi laddove siamo stati posti dalla Provvidenza divina. Siano la carità e il dono di noi stessi per amore di Cristo la regola della nostra vita e la nostra gioia. L’ultima volta che ho incontrato il diacono Eligio, una decina di giorni fa al Beauregard, dopo che avevamo pregato insieme, mi ha consegnato questa parola che ora condivido con voi: «Voler bene rende felici già su questa terra». Sono parole che valgono come sigillo di una vita spesa bene e come testamento per noi tutti, per voi suoi familiari in particolare. L’amore donato non solo prepara all’eternità ma la fa già pregustare su questa terra.
Così sia anche per noi!