Cari fratelli e sorelle, nell’Eucaristia di questa domenica si intrecciano due celebrazioni, la giornata mondiale della vita consacrata e la giornata nazionale per la vita. Alla luce dell’Anno santo, le celebriamo sotto il segno della speranza, forza spirituale innata all’uomo e potenziata da Dio nel Battesimo. Ci vuole speranza per generare, accogliere ed educare figli. Ci vuole speranza per consacrare a Dio la propria vita in obbedienza, povertà e castità.
La speranza è l’orizzonte che permette di orientarsi per fare una scelta libera, responsabile e impegnativa com’è quella di dare la vita a un figlio o di consacrarsi al Signore. La speranza è l’orizzonte, ma anche la forza necessaria per percorrere la strada scelta. Riprendo un’espressione della monizione iniziale: «Oggi ricorre il giorno nel quale Gesù fu presentato al tempio… Con quel rito egli si assoggettava alle prescrizioni della legge, ma in realtà veniva incontro al suo popolo, che l’attendeva nella fede». La speranza è sempre attesa di bene e porta dentro di sé il desiderio dell’incontro con Dio, anche quando non è percepito in maniera esplicita. Questo è sommamente vero per una mamma e un papà che decidono di avere un figlio e vedono fiorire il loro amore in una vita nuova. Si compie ancora una volta nel loro spirito e nel loro corpo la parola creatrice: Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza (Gen 1, 26). La fecondità matrimoniale è incontro con Dio Creatore, è comunione con Lui. Il miracolo della vita fa degli sposi i collaboratori di Dio. Questo è Vangelo da annunciare e da testimoniare. È certamente importante che la Chiesa solleciti governanti e amministratori a mettere in atto politiche familiari per sostenere la natalità e le famiglie, ma non basta. Perché mettersi in gioco? Quale il senso? Il rischio del declino di un popolo e le conseguenti difficoltà economiche non sono sufficienti per rispondere a queste domande. Come cristiani dobbiamo innanzitutto annunciare il Vangelo della vita. Per gli sposi cristiani essere a immagine di Dio assume una concretezza unica: significa agire come Dio e assieme a Dio per dare vita a un essere libero, autonomo, capace di amore, capace di mettersi in relazione con gli altri e con Dio stesso; significa fare questo esattamente come fa Dio, sapendo che il frutto della creazione è altro rispetto al creatore e che non gli appartiene. Che vocazione alta e bella! Che fatica! Quanta abnegazione! Possibile solo nella speranza.
Il desiderio dell’incontro con Dio è anche la speranza che sostiene un uomo, una donna che decidono di consacrarsi a Dio, donando a Lui in unione a Cristo Gesù la propria vita per la salvezza del mondo. Ho detto che lo fanno in unione con Cristo, cioè vivendo nel proprio spirito e nel proprio corpo la sua Pasqua di morte e risurrezione. Ci ricorda la seconda lettura che Gesù è morto per espiare i peccati e così liberare coloro che erano schiavi del diavolo: Proprio per essere stato messo alla prova e avere sofferto personalmente, egli è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova. Cari fratelli e sorelle consacrati, non dimenticate il tratto pasquale della vostra vocazione. Ricordate che per dire il bellissimo sì della vostra professione avete dovuto dire grandi no: no all’autodeterminazione, no a farvi una famiglia, no alla realizzazione professionale ed economica. È questa la dinamica della Pasqua, il no che diventa sì, possibile solo nella speranza dell’incontro con Dio. È stato così per Gesù che, accettando volontariamente la morte, ha pronunciato il suo sì al Padre: Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà (Lc 22, 42); Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito (Lc 23, 46).
Questo non è il vostro passato, ma la quotidiana fedeltà alla vostra vocazione. Vivetela con verità e generosità perché la Chiesa e il mondo hanno bisogno della vostra testimonianza e anche della vostra segreta donazione, seme fecondo che crea quel mondo nuovo che tutti attendiamo e desideriamo. Siate come Anna che non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno… Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. La vostra vita parli di Gesù a quanti attendono – lo sappiano o no – la salvezza, l’incontro con Dio!