Buongiorno a tutti. Sono lieto e onorato di darvi il benvenuto, come Vescovo di Aosta e Presidente della Conferenza episcopale piemontese, presso la casa diocesana del Priorato di Saint-Pierre. Sentitevi tutti accolti in occasione dell’Assemblea del Coordinamento interregionale Piemonte e Valle d’Aosta della Società di San Vincenzo de’ Paoli. Rivolgo un saluto particolare alla Presidente della Federazione nazionale della Società di San Vincenzo de’ Paoli, Paola Da Ros, al Vice Presidente, Marco Guercio, alla Responsabile nazionale del Settore Carcere e Devianza, Antonella Caldart, al Coordinatore del Coordinamento interregionale, Federico Violo, al Presidente del Consiglio centrale di Aosta, Arturo Castellani, agli altri Presidenti e ai Consiglieri spirituali.
Colgo l’occasione per esprimere la mia personale gratitudine e quella dei miei confratelli Vescovi e delle nostre diocesi per la vostra presenza e per la vostra azione.
Fin dai tempi del mio servizio come Consigliere spirituale del centrale, con gli indimenticabili Presidenti Renato Henriet e Carla Jacquemod, mi ha sempre colpito la concretezza, la versatilità e l’evangelicità del carisma vincenziano così come vissuto e condiviso dal Beato Federico Ozanam, carisma che spinge i membri delle Conferenze a prendersi cura del prossimo non solo mediante gli indispensabili aiuti materiali, ma anche, e soprattutto, con la vicinanza umana e l’amicizia. Così le persone e le famiglie vengono accompagnate in un percorso di crescita e di protagonismo per uscire dalla condizione di fragilità sociale e di povertà. Parallelamente la San Vincenzo non manca di essere presente nelle sedi opportune per sollecitare e collaborare con chi amministra e governa la cosa pubblica per affrontare e possibilmente risolvere alla radice le cause della povertà.
Grazie dunque perché ci siete e continuate a rappresentare uno dei volti più efficaci della Chiesa presso i poveri.
La citazione del vostro Fondatore che da il titolo alla giornata, tratta da una sua lettera del 1835, merita di essere completata: «La carità non deve mai guardare dietro di sé, ma sempre avanti poiché il numero delle sue buone opere passate è sempre troppo piccolo e perché infinite sono le miserie presenti e future, che essa deve alleviare». Non si tratta solo di guardare avanti, oggi una specie di mantra che ideologicamente si ripete. Si deve guardare avanti con uno sguardo e una prospettiva ben precisi che mirano alla persona, a ogni persona e in particolare agli ultimi per vincere alla radice una mentalità che papa Francesco descrive così: «Uomini e donne vengono sacrificati agli idoli del profitto e del consumo: è la “cultura dello scarto”. Se si rompe un computer è una tragedia, ma la povertà, i bisogni, i drammi di tante persone finiscono per entrare nella normalità. Non può essere così! Eppure queste cose entrano nella normalità: che alcune persone senza tetto muoiano di freddo per la strada non fa notizia… Così le persone vengono scartate, come se fossero rifiuti. Questa “cultura dello scarto” tende a diventare mentalità comune, che contagia tutti» (5 giugno 2013). Questa è la direzione. Vi auguro di essere non solo operativi su questo percorso, ma anche sentinelle per la Chiesa e per l’intera società.
Vi propongo di iniziare con un breve momento di preghiera. Riascoltiamo Gv 7, 40-53, il Vangelo che la Liturgia propone per la S. Messa di oggi. Mi permetto di offrire una chiave di lettura, contestualizzata all’incontro che stiamo vivendo, della pagina evangelica che presenta il dibattito sull’identità di Gesù. La carità non può mai essere disgiunta dalla fede. Se l’evangelizzazione non è proselitismo, la carità cristiana non è filantropia. Evangelizzazione e carità si incontrano nella forza affascinate e trainante del contagio dell’amore di Dio che è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato (Rm 5, 5).
Buon lavoro.