Mons. Vescovo presenta il Messale

Con la prima Domenica di Avvento, 29 novembre 2020, inizieremo a usare per la celebrazione dell'Eucaristia la terza edizione italiana del Messale Romano. Essa comporta alcune traduzioni nuove rispetto ai testi ai quali siamo abituati. Dovremo imparare le poche formule comunitarie modificate per pregare tutti insieme in maniera armoniosa.

 

Carissimi fratelli e sorelle,

con la prima Domenica di Avvento le nostre comunità iniziano a usare per la celebrazione dell’Eucaristia la terza edizione italiana del Messale Romano. Essa comporta alcune traduzioni nuove rispetto ai testi ai quali siamo abituati. Dovremo imparare le poche formule comunitarie modificate (Confesso, Gloria e Padre nostro) per pregare tutti insieme in maniera armoniosa.

Da parte mia, vorrei consegnarvi il Messale come invito a riscoprire la bellezza della Santa Messa e a parteciparvi con intensità di fede ogni domenica e anche nei giorni feriali, quando possibile. L’Eucaristia è il centro della vita della Chiesa, il centro della vita di ogni cristiano e di ogni famiglia cristiana, perché è il dono della Sua presenza che Cristo ci ha lasciato in eredità. Si tratta di una presenza viva: Cristo parla e illumina il nostro cammino, si offre in sacrificio al Padre per noi, ci dona il Suo Spirito. Nell’Eucaristia si consuma l’incontro che muove tutta la vita di fede: «Ciascuno di noi riceve Cristo … Cristo riceve ciascuno di noi» perché ognuno possa diventare dono per gli altri (San Giovanni Paolo II). Per questo motivo i cristiani sono disposti a rinunciare a tutto, ma non all’Eucaristia, come dimostra una lunga schiera di martiri e confessori della fede tra i quali va ricordato François-Xavier Nguyen Van Thuan, vescovo vietnamita che trascorse 13 anni in carcere per la fede e che continuò a celebrare l’Eucaristia in condizioni inimmaginabili e rischiando ogni volta la vita.

Il Messale non è un libro per addetti ai lavori e non è riservato ai sacerdoti: È libro per tutti, libro della comunità: formula, guida e ordina la grande preghiera della Chiesa che raccoglie ed eleva a Dio la preghiera di tutti i fedeli.

Provo a ricordare alcune caratteristiche del Messale come indicazione per una sua corretta recezione.

Innanzitutto è un libro ricevuto. Il Messale custodisce la fede creduta, celebrata e vissuta dalla Chiesa, raccogliendo una storia di preghiera che, come un filo rosso, ci congiunge con la primitiva comunità apostolica, con la prima celebrazione eucaristica. In questo senso il Messale ci ricorda che la forma del vivere cristiano ci precede sempre perché è dono di Dio in Gesù Cristo attraverso la Chiesa. Questa precedenza suscita in noi gratitudine e ci apre alla comunione universale.

È un libro per l’azione liturgica. Il Messale non è solo un prontuario di testi ad uso di presidente e assemblea, ma una vera e propria guida alla celebrazione che coordina parole e gesti, coinvolgendo in modo coerente tutti i presenti. Così nel Messale, accanto ai testi da proclamare, hanno dignità e importanza anche le notazioni musicali e le indicazioni (rubriche) che regolano la preghiera dell’assemblea, valorizzando tutte le forme di linguaggio previste dalla Liturgia (parola e canto, gesti e silenzi, movimento del corpo, colori, musiche, profumi, luci). La Liturgia infatti possiede una varietà di registri comunicativi che mirano a mettere in gioco tutta la persona, corpo e spirito, intelligenza ed emotività, interiorità e relazioni.

È un libro sigillato e aperto al tempo stesso. Il Messale non può essere cambiato arbitrariamente; chiede ad ogni comunità di accoglierlo e di usarlo mediando tra il mistero celebrato e l’assemblea concreta con le sue particolarità e le situazioni che di volta in volta si susseguono. La Liturgia eucaristica è come la musica: il Messale ci offre la partitura che non può essere alterata, l’azione celebrativa ci dona l’originalità di ogni esecuzione.
Vorrei concludere richiamando due principi della riforma liturgica voluta dal Vaticano II (Sacrosanctum Concilium). Il primo è quello della fedeltà alla «sana tradizione» che ci invita ad essere attenti al modello rituale, unitario e condiviso, che il Messale ci propone e che permette alle singole assemblee eucaristiche di manifestare l’unità della Chiesa orante, specchio e grembo dell’unità nella fede e nella carità. Dobbiamo vincere «la superficiale propensione a costruirsi una liturgia a propria misura, ignorando le norme liturgiche» cosa che «non solo pregiudica la verità della celebrazione ma arreca una ferita alla comunione ecclesiale» (Presentazione CEI). Il secondo principio è quello della «nobile semplicità» che chiede preparazione e accuratezza in tutti i passaggi della celebrazione per vivere una liturgia seria, semplice e bella che sia veicolo del mistero, capace di narrare la perenne alleanza di Dio con gli uomini e capace di farlo toccando tutte le corde dei convocati, razionalità, affettività e corporeità.

L’augurio è che tutti, fedeli, sacerdoti e diaconi, frequentiamo un po’ di più le pagine del Messale affinché «riscopriamo insieme la bellezza e la forza del celebrare cristiano, impariamo il suo linguaggio – gesti e parole – senza appiattirlo importando con superficialità i linguaggi del mondo. Lasciamoci plasmare dai gesti e dai "santi segni" della celebrazione» (Messaggio dei Vescovi italiani).

Colgo l’occasione per augurare a tutti un buon cammino d’Avvento e per invocare su di voi la benedizione del Signore.

 

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