Santa Messa per l’unità dei Cristiani

19-01-2024

 

Fratelli e sorelle, celebriamo quest’Eucaristia per chiedere il dono dell’unità dei discepoli di Cristo attorno a Lui, Maestro e Signore. La pagina del Vangelo ci offre alcune dritte importanti per orientare la preghiera e l’azione.

Innanzitutto partiamo dal contesto della parabola e precisamente dalla domanda che un dottore della Legge pone a Gesù: Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna? Possiamo tradurla così: «Quali sono le condizioni per entrare nel Regno di Dio?». Gesù invita l’interlocutore a rispondere lui stesso attingendo alla Legge che recita ogni giorno: Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso. Gesù riconosce che ha risposto bene. E questo vale anche per noi: nel discepolo non ci può essere separazione tra fede in Dio e opere di misericordia, perché i due livelli sono profondamente interconnessi. L’amore è indivisibile e genera vita. Per questo Gesù conclude: Fa’ questo e vivrai.

Fuori del suo contesto, rischiamo di ridurre la parabola a un’esortazione filantropica, lodevole e buona, ma certamente non nella linea del Vangelo. L’esercizio della carità, nelle sue molteplici forme, è via al Regno per chi la pratica e per chi la riceve. E così l’esercizio della carità condiviso dai discepoli di Cristo, pur appartenenti a confessioni cristiane non in piena comunione fra loro, diventa il luogo in cui il Regno può estendersi innanzitutto nella vita e nelle comunità dei discepoli e poi nel mondo che riceve una testimonianza di unità, secondo la preghiera di Gesù: Padre santo, custodiscili nel tuo nome… perché siano una sola cosa, come noi (Gv 17, 11). Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato (Gv 17, 21).

Ed è proprio il contesto che ci permette di cogliere il cuore della parabola, esplicitato da Gesù con l’ultima domanda che pone al dottore: Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti? Quest’ultimo dimostra di aver capito l’insegnamento del Maestro che ha rovesciato la prospettiva, rispondendo: Chi ha avuto compassione di lui. Ancora una volta Gesù lo invita a tradurre in pratica ciò che ha imparato: Va’ e anche tu fa’ così.

E noi, carissimi?

Innanzitutto poniamoci e riponiamoci seriamente nella prospettiva del Regno, vincendo le tanti tentazioni di mondanizzazione e di autoreferenzialità  che depotenziano il Vangelo. Sono tentazioni reali – parlo per la Chiesa cattolica – e vanno sottoposte al giudizio severo del Signore: Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla (Gv 15, 5).

In secondo luogo, alla luce di quanto accade nel mondo dove tutto sembra deporre a favore della violenza, proviamo a vivere in prima persona la parabola del buon samaritano. Il Consiglio regionale delle Chiese cristiane della Campania, che ha preparato la presentazione del sussidio per la settimana di preghiera in lingua italiana, scrive: «Siamo sempre più convinti che il Signore non ci chiede di sognare irenicamente un mondo animato dalla fraternità, ma di impegnarci a partire da noi stessi, cominciando a vivere concretamente e coraggiosamente la fraternità universale, perseverando nel bene anche quando riceviamo il male, spezzando la spirale della vendetta, disarmando la violenza, smilitarizzando il cuore, riconoscendolo vivo nel prossimo che ci sta accanto, fino a diventare noi prossimo dell’altro. Nel nostro DNA di battezzati, di cristiani, c’è la prossimità! Amare il prossimo facendoci noi prossimo, ossia buoni e belli samaritani».

Così sia!

 

condividi su