Santa Messa per la festa di San Francesco d’Assisi, patrono d’Italia

Assisi, Basilica di San Francesco - chiesa superiore

04-10-2023

 

Nella vita di San Francesco ha preso forma il Vangelo appena proclamato. Egli ha ricevuto la rivelazione del Padre con il cuore semplice di un bambino, prendendo alla lettera, ma non ingenuamente, tutte le parole di Gesù e abbracciando la vita evangelica, fatta di mitezza, povertà, castità e itineranza. Per questo ha ricevuto da Cristo «l’ultimo sigillo» (Dante), le stimmate. Come già l’Apostolo, Francesco ha posto al centro della sua esperienza la croce di Cristo. L’incontro con il Crocifisso lo ha portato ad abbandonare il vecchio mondo per entrare nella nuova creazione, iniziata con la morte di Gesù. Per questo Francesco volle rimanere piccolo davanti a Dio e ai fratelli, per essere come Cristo e non vantarsi se non della sua croce! La piccolezza dell’umiltà e della mitezza è, per lui, feritoia per conoscere Cristo e i misteri del Regno e, per la sua missione di annunciatore del Vangelo, trasparenza della luce e dell’amore di Dio per gli uomini.
Dalla Pasqua c’è una nuova creazione in gestazione dentro alle viscere della storia e san Francesco si è fatto levatrice della speranza cristiana che attende e lavora per questo mondo nuovo, secondo il cuore di Dio. La sua testimonianza raggiunge anche gli uomini di oggi che faticano nella ricerca di una pace possibile tra le persone, tra i popoli, con il creato. Per Francesco la radice della pace è Cristo. La base del nuovo mondo è la fede in Gesù che diventa dialogo, accoglienza e carità: In Cristo Gesù non è la circoncisione che vale o la non circoncisione, ma la fede che si rende operosa per mezzo della carità (Gal 5, 6). Il suo messaggio interpella tutti, ma impegna in prima persona i cristiani a farsi lievito consapevole di fede e di amore nella società. Essi stanno nel grande laboratorio della pace, collaborando con uomini e donne di fedi e culture differenti. Ci stanno prendendo su di sé il giogo di Cristo, senza imporlo ad altri, ma proponendolo a tutti, come fece Francesco financo con il Sultano d’Egitto al-Malik al-Kamil. Il giogo di Cristo è il suo comandamento: Che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi (Gv 15, 12). E, lo sappiamo bene, Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici (Gv 15, 13). Si paga di persona, come ha fatto Cristo, mite e umile di cuore, come ha fatto Francesco, sua icona vivente.
In questo giogo di amore e di dono sta la salvezza. In questo giogo è la sorgente della pace. Per essere costruttori di pace bisogna avere pace nel cuore. Diceva Francesco ai suoi primi fratelli: «La pace che annunziate con la bocca, abbiatela ancor più copiosa nei vostri cuori. Non provocate nessuno all’ira o allo scandalo, ma tutti siano attirati alla pace, alla bontà, alla concordia dalla vostra mitezza».
Nel testamento dice: «Il Signore mi rivelò che dicessimo questo saluto: il Signore ti dia pace». Augurio e preghiera che dicono come la pace sia dono per eccellenza di Dio e come non sia possibile annunciare il Vangelo senza lavorare per la pace.
San Francesco ci fa capire che la pace ha a che fare con il rispetto per tutto ciò che Dio ha creato, a partire dalle persone umane, che siamo chiamati a custodire e proteggere. Oggi forse ci inviterebbe a pensare al bambino che deve nascere, all’anziano e al malato che hanno bisogno di cura e di accompagnamento, al lavoratore che chiede dignità e sicurezza, al migrante che ha bisogno di accoglienza, alle famiglie che chiedono riconoscimento sociale e sostegno. Non c’è custodia del creato, non c’è conversione ecologica se non vi si include anche l’essere umano e il rispetto della sua dignità e delle sue coordinate creaturali, la sua natura, iscritta nel suo corpo e nel suo spirito.
Il raggio si allarga fino ad abbracciare tutte le creature. Il Santo Padre, nell’Enciclica Laudato sì (n. 66), ricorda che secondo Genesi le tre relazioni fondamentali che caratterizzano l’esistenza umana – con Dio, con il prossimo e con la terra – sono sconvolte dal peccato dell’uomo, cioè dall’«avere noi preteso di prendere il posto di Dio, rifiutando di riconoscerci come creature limitate». Continua il Papa: «Come risultato, la relazione originariamente armonica tra essere umano e natura si è trasformato in un conflitto (cfr Gen 3,17-19). Per questo è significativo che l’armonia che san Francesco d’Assisi viveva con tutte le creature sia stata interpretata come una guarigione di tale rottura». Rimettere a posto la relazione fondamentale con Dio significa rimettere a posto anche le relazioni con il prossimo e con la creazione. L’uomo, la donna che credono in Dio, che amano Dio, che fanno esperienza di Lui non possono non aprirsi a sentimenti di fraternità universale e prendersi cura del prossimo e della casa comune che è la creazione che Dio ci ha affidato.
Ubi Deus ibi pax!

 

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