Santa Messa per il Movimento dei Focolari

Aosta, Santuario di Maria Immacolata

17-06-2023

 

Cari fratelli e sorelle, celebriamo l’Eucaristia ringraziando il Signore per il dono di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari.

Il Vangelo inizia con lo sguardo di Gesù sull’umanità che gli appare come un gregge senza pastore, pecore stanche e sfinite. Ma gli appare anche come un campo di grano pronto per la mietitura: occorrono operai che annuncino il Vangelo. Lo sguardo di Gesù si fa subito progetto. Gesù non si lamenta, ma chiede preghiera e affida ai dodici il compito di annunciare con la parola, con la presenza, con l’azione il Regno di Dio. Pregate dunque il Signore della messe perché mandi operai nella sua messe! Gesù sceglie i dodici e li invia proprio a questa umanità ferita e smarrita. Affida loro la sua stessa missione, conferisce loro il suo stesso potere di vincere il male e di sanare ogni sofferenza.

È interessante fare un confronto tra il modo di porsi di Gesù e il nostro. Anche oggi vediamo un’umanità smarrita, lontana dalle vie della pace, della giustizia, lontana dal Vangelo, dalla Chiesa. Noi giudichiamo, condanniamo e ci lamentiamo, oppure ci lamentiamo e lasciamo correre, adeguandoci al mondo. Gesù compatisce e agisce per risanare. Ci dice che la missione nasce dalla compassione e dalla preghiera, nella verità di Dio e dell’uomo. Dobbiamo specchiarci in questa pagina e considerarla come un luogo sorgivo della Chiesa. Ad essa domandiamo chi siamo come popolo di Dio e che cosa dobbiamo fare.

Chi siamo? La risposta ce l’abbiamo nella prima e nella seconda lettura appena ascoltate: Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all’Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatti venire fino a me; Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.

È bello riscoprire che la nostra identità di cristiani e di comunità cristiana è tutta racchiusa in queste tre parole: scelti, amati, liberati.

Che cosa dobbiamo fare? La risposta ci viene dal Vangelo ascoltato. Compassione e guarigione. La miseria umana è fatta di povertà, fame, violenza, ma anche di disorientamento e di peccato. Gesù prova compassione, cioè profonda e interiore partecipazione alla situazione del prossimo, prescindendo da ogni valutazione di merito. Gesù ama e basta. Da questo amore scaturiscono una parola capace di illuminare e offrire senso alla vita e l’aiuto che guarisce venendo incontro alle necessità materiali e offrendo il perdono di Dio che apre alla conversione a una vita nuova.

Vi consegno in conclusione due parole di Chiara Lubich che ci aiutano a vivere la compassione e la guarigione come parole di vita. Riferendosi agli inizi della nuova esperienza comunitaria scrive: «Non era sempre facile per un gruppo di ragazze vivere la radicalità dell’amore. Eravamo persone come le altre, anche se sostenute da un dono speciale di Dio, e anche fra noi, sui nostri rapporti, poteva posarsi della polvere, e l’unità poteva illanguidire. Ciò accadeva, ad esempio, quando ci si accorgeva dei difetti, delle imperfezioni degli altri e li si giudicava, per cui la corrente d’amore scambievole si raffreddava. Per reagire a questa situazione abbiamo pensato un giorno di stringere fra di noi un patto che abbiamo chiamato “patto di misericordia”. Si decise di vedere ogni mattina il prossimo che incontravamo – in focolare, a scuola, al lavoro, ecc. –, di vederlo nuovo, nuovissimo, non ricordandoci affatto… dei suoi difetti, ma tutto coprendo con l’amore. Era avvicinare tutti con questa amnistia completa del nostro cuore, con questo perdono universale. Era un impegno forte, preso da tutte noi insieme, che aiutava ad essere sempre primi nell’amare a imitazione di Dio misericordioso, il quale perdona e dimentica» (L’amore al prossimo, Conversazione con gli amici musulmani, Castel Gandolfo, 1 novembre 2002). «La conversione del cuore, richiesta per andare incontro a Gesù, non consiste in belle parole e slanci sentimentali, ma nel fare la volontà di Dio e soprattutto nell’amare il nostro prossimo, nel solidarizzare concretamente con lui e condividere con lui, quando manca del necessario, i nostri beni: cibo, vestito, alloggio, assistenza, ecc. È quanto Gesù insegna. La vita cristiana, infatti, non consiste principalmente in lunghe preghiere e penitenze estenuanti; non domanda di cambiare mestiere o professione – a meno che questa non sia cattiva in se stessa –, bensì di vivere, nell’attività e nello stato di vita a cui apparteniamo, l’amore del prossimo. “Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto” (Lc 3,11)» (Chiara Lubich, in Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi, Opere di Chiara Lubich, Città Nuova, 2017, pag. 422-423).

 

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