S. Messa per il saluto alla Comunità delle Suore della Carità di S. Giovanna Antida Thouret

25-04-2024

 

Mi sono chiesto quali parole il Signore volesse consegnare stasera alla nostra Diocesi e alle quattro sorelle che ci lasciano. Ripercorrendo le letture proclamate ho raccolto tre parole come un viatico per il cammino che continua.

La prima parola chiama a un’obbedienza piena di abbandono a Dio: Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, affinché vi esalti al tempo opportuno, riversando su di lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi. È l’obbedienza a Dio che vivono le nostre sorelle attraverso la mediazione del loro Istituto e delle loro Superiore religiose. È l’obbedienza a Dio che è chiesta alla nostra Chiesa, mediata dalla situazione storica che viviamo. L’obbedienza non è mai facile. Per questo san Pietro ci invita a riversare sul Signore ogni nostra preoccupazione, certi che Egli ha cura di noi. Vorrei soprattutto che si imprimesse nel nostro cuore questa espressione: Dio ha cura di noi! Nei giorni scorsi pensavo con un po’ di invidia ai miei predecessori che nell’arco di quindici anni tra il 1831 e il 1845 videro l’arrivo di due famiglie religiose, entrambe generatrici di una grande storia per la Diocesi, le Suore di san Giuseppe e le Suore della Carità. Negli ultimi vent’anni questo è il quarto Istituto religioso femminile che ci lascia. Dapprima mi ha invaso un senso di amarezza, poi s’è fatto strada un raggio di speranza aperto dalla storia e confermato dalla fede. La storia: ho ripensato alla situazione della Diocesi nei primi decenni dell’ottocento quando la vita religiosa femminile  era stata totalmente cancellata dai rivolgimenti rivoluzionari e dall’invasione napoleonica. L’arrivo delle Suore di San Giuseppe e delle Suore della Carità segnavano una rinascita dopo una crisi profonda. La Parola conferma la storia: ancora una volta le potenze degli inferi non avevano prevalso (cfr Mt 16, 18) perché Dio si prende cura di noi! Anche oggi, non è la fine, ma l’inizio di qualcosa di nuovo. Non viviamo la sofferenza di un’agonia, ma le doglie di un parto.

La seconda parola invita a unire fatica e sofferenza alla croce di Gesù, marchio di autenticità di ogni testimonianza cristiana: Noi annunciamo Cristo crocifisso: potenza di Dio e sapienza di Dio.

Se la Chiesa è nata dal costato di Cristo crocifisso, essa non può che rinnovarsi e rinascere unita alla sua sorgente. Lo insegna San Paolo parlando della nascita della comunità di Corinto: Quando venni tra voi… ritenni infatti di non sapere altro… se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso. Mi presentai a voi nella debolezza… La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito… perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio (1 Cor 2, 1-5). Se vissuto nella fede, il tempo storico tormentato che siamo chiamati a vivere non potrà che essere generativo in Dio. E anche la nostra sofferenza personale potrà essere generativa di vita se unita alla Passione di Cristo. Penso a voi, care sorelle che lasciate un’opera servita a lungo con amore, una terra da sempre amata o che avete imparato ad amare. Penso agli ammalati e al personale dell’ospedale e ai carcerati. Penso al vuoto che patirà la piccola comunità eucaristica del mattino in Cattedrale…

La terza parola è il mandato di Cristo che si rinnova: Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Quando nel 1799, in piena desertificazione cristiana provocata dalla rivoluzione, Santa Giovanna Antida da inizio alle Suore della Carità a Besançon aprendo una scuola per bambine, istituendo la pentola del brodo per i poveri, e visitando i malati a domicilio, lo fa perché attraverso di lei e le sue sorelle «poveri, malati, fanciulli, conoscano e amino Dio». È il mandato di Cristo declinato nella situazione storica che le è toccato di vivere. La missione ha come unico scopo far conoscere e amare Dio. E la strada per eccellenza dell’annuncio è la prossimità, la vicinanza e il servizio ai fratelli, in particolare ai più piccoli.

Quando qualcuno raccoglie con amore generoso e un po’ di fede il mandato di Cristo il miracolo della prima missione si ripete: Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano. Così ha potuto sperimentare anche Santa Giovanna Antida. E noi? Non vogliamo seguire l’esempio dei primi discepoli e di quell’infinita schiera di missionari che ci ha portato il Vangelo? Gesù si fida di noi e noi tante volte ripieghiamo adducendo la scusa che le forze diminuiscono e le risorse che abbiamo non sono sufficienti. La chiusura di una bella comunità religiosa come quella delle Suore della Carità sembra darci corda. Ma non è così. Gesù si fida di noi e noi ci vogliamo fidare di Lui, sapendo che, oggi come allora, può moltiplicare i pochi pani che mettiamo a disposizione dei fratelli (cfr Mt 15, 32-38). Ciò che ferma la missione non è la povertà delle risorse, ma la mancanza di fede. Quindi non abbiamo scusanti.

E voi, care sorelle, lasciate fisicamente la nostra Diocesi, ma noi vi consideriamo unite a noi e vi chiediamo di accompagnare con la preghiera e l’offerta della vita la missione di questa vecchia Chiesa, umanamente un po’ stanca, ma amata dal Signore e sospinta dal suo Spirito. Continuate anche voi ad amarla con noi e Dio ci benedirà! Anche noi vi accompagniamo con la nostra preghiera e vi riconsegniamo questa sera il motto della vostra fondatrice: «Il nostro prossimo è ovunque, Dio è ovunque, questo ci basta!».

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