S. Messa per il 550° anniversario della Diocesi di Casale

18-04-2024

 

Carissimi, ho parlato all’inizio di un anniversario di famiglia, perché la Diocesi, soprattutto se ha dimensioni contenute, è come una grande famiglia. È con questa lente che ho provato a rileggere le letture proposte dalla Liturgia, scattando idealmente quattro foto ricordo, quelle in cui ci si mette in posa per farsi raffigurare un po’ come si è e un po’ come si vorrebbe o si dovrebbe essere.

La prima foto ci mostra come Chiesa che scende dal cielo. L’immagine dell’Apocalisse ricorda che la Chiesa ha il suo modello nella comunione d’amore della Trinità e che riceve da Dio la forza dello Spirito che rende possibile la fraternità tra di noi, liberandoci dal peccato e donandoci la vita nuova dei figli di Dio.

Per questo la comunità ecclesiale può essere la tenda della presenza di Dio in mezzo agli uomini: Egli sarà il Dio con loro. Nella nostra fraternità Dio abita e si mostra al mondo. Per questo la Chiesa è il germoglio dell’umanità nuova iniziata da Cristo con la sua Pasqua: Egli abiterà con loro… E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate… io faccio nuove tutte le cose. Essere presenza di Dio qui e ora, essere germe e inizio dell’umanità riconciliata sono i connotati della Chiesa-Diocesi: dono di Dio e compito altissimo che Dio ci affida! Si tratta di una vera sfida in un mondo così disgregato e violento come il nostro, profondamente segnato dall’individualismo.

La seconda fotografia ci raffigura come Corpo di Cristo, dove la diversità delle membra è ricondotta a unità e armonia dallo Spirito. La Diocesi è un organismo vivente, vario e molteplice, nella concretezza delle sue parrocchie, comunità religiose e aggregazioni laicali. Ognuno può pensare a quella in cui è inserito e constatare facilmente che le diversità sono tante quanti sono i battezzati che la compongono, quanti sono i doni dello Spirito elargiti a ognuno, quanti sono i ministeri necessari alla sua vita. Tuttavia la storia personale di fede, i diversi ministeri e carismi sono a servizio del bene comune e questa unità del corpo ecclesiale è il grande obiettivo che tutti dobbiamo perseguire e che è affidato in particolare alla responsabilità del Vescovo. Solo quando ci muoviamo nella linea della comunione siamo davvero sotto l’azione dello Spirito e possiamo dire con verità al mondo che Gesù è Signore, cioè annunciare efficacemente la bella notizia dell’amore di Dio e della salvezza possibile per tutti!

La terza foto dice la fragilità e l’ambivalenza che segnano la vita della Chiesa, la nostra vita di cristiani. I discepoli che incontrano Gesù risorto vengono descritti così: Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. L’evangelista non dice che alcuni dubitavano, ma che tutti si prostrarono e tutti dubitarono. Descrizione perfetta dell’intreccio di fede e incredulità, coerenza e incoerenza, santità e peccato che caratterizza le nostre povere vite! Ciò che è davvero stupefacente è che proprio a questi tali, prostrati ma dubitanti, Gesù affida le sorti dell’annuncio del Vangelo. Si fida di noi tanto da porre nelle nostre mani la diffusione del Vangelo. A noi di fare tutto il possibile perché la testimonianza sia vera, anche quando le forze diminuiscono o le risorse paiono insufficienti, come spesso accade per le nostre Chiese di antica tradizione cristiana. Non erano forse pochi i primi annunciatori? Eppure, come ricorda san Marco: Partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano (Mc 16, 20). Gesù si fida di noi e noi ci vogliamo fidare di Lui, sapendo che, oggi come allora, può moltiplicare i pochi pani che mettiamo a disposizione dei fratelli (cfr Mt 15, 32-38). Ciò che ferma la missione non è la povertà delle risorse, ma la mancanza di fede.

Così la quarta fotografia ci raffigura come Chiesa in uscita, Chiesa missionaria. La Chiesa va incontro al mondo perché tutti gli uomini, nessuno escluso, sono destinatari del Vangelo: Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità (1 Tm 2, 4)! Il cammino sinodale suggerisce di vivere la missione in stile di prossimità, rimettendo in comunicazione Vangelo e vita, la nostra e quella delle persone con le quali condividiamo esperienze e cammini. La prossimità è fatta di attenzione e di dialogo negli ambienti ordinari dell’esistenza (lavoro, scuola, cultura, impegno sociale e politico, tempo libero). Qui siamo chiamati ad ascoltare inquietudini e speranze, gioie e sofferenze, interrogativi e bisogni di chi ci affianca, ma anche a raccontare la nostra esperienza di uomini e donne toccati dalla fede in Gesù. Per questo dobbiamo recuperare una lingua comune con i nostri compagni di viaggio, come hanno fatto i primi cristiani che, senza perdere nulla della ricchezza della loro fede, l’hanno raccontata ai pagani utilizzando per quanto possibile il loro linguaggio. Noi oggi siamo chiamati a fare come loro, togliendo l’impressione che la fede viaggi su un binario parallelo alla vita. Vogliamo parlare la lingua del mondo, sì, ma il messaggio che vogliamo trasmettere è il Vangelo, certi come siamo che Gesù sia la risposta di umanità e di salvezza per tutti.

L’augurio che faccio alla Diocesi di Casale è di essere una Chiesa radicata in Dio, segno e strumento di Gesù che cammina accanto all’umanità bisognosa di speranza e di salvezza, capace di dire esplicitamente a tutti: «Gesù ti ama e cammina accanto a te, dentro al tuo dolore, ai tuoi interrogativi, nelle tue gioie». Così sia!

 

condividi su