S. Messa nella Solennità di Pentecoste

Celebrazione della Vigilia

04-06-2023

 

Parto stasera dalla domanda di un cresimando: «Che cosa cambia nella vita di chi riceve il dono dello Spirito?».

Trovo la risposta nella pagina del profeta Ezechiele. Facciamo lo sforzo di immaginare l’immensa distesa di ossa, regno del silenzio e della morte. È una visione simbolica: le ossa inaridite rappresentano il popolo di Israele in esilio, costretto a vivere lontano dalla terra delle benedizioni divine. La visione annuncia che la potenza dello Spirito tirerà fuori il popolo da quel sepolcro e opererà una vera resurrezione riconducendolo sulla terra dei padri e restituendolo alla gioia e alla pienezza di vita. Questo fa lo Spirito in noi: Ossa inaridite… io faccio entrare in voi lo spirito e rivivrete… Spirito, vieni dai quattro venti e soffia su questi morti, perché rivivano… lo spirito entrò in essi e ritornarono in vita e si alzarono in piedi; erano un esercito grande, sterminato. Lo Spirito dona la vita, sempre. Se lo desideriamo davvero, se lo invochiamo, lo Spirito ci restituisce alla vita, ci richiama dai nostri esili e dalle nostre morti!

Lo Spirito mi restituisce alla vita quando il peccato mi imprigiona nel sepolcro. Lo Spirito suscita il pentimento e la conversione e mi dona nuova vita facendomi fare esperienza della misericordia di Dio. È l’esperienza del perdono dei peccati, del sacramento della Riconciliazione. Non si tratta, amici, di una lavanderia automatica, ma di un travaglio, il perdono di Dio è una nuova creazione che non prescinde dalla nostra partecipazione. San Paolo ne parla come di un parto:  Tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto… anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo (Rm 8, 22). La tristezza, il vuoto, il disorientamento che sono ad un tempo causa ed effetto del peccato dicono proprio questo travaglio:  Dio dona gratuitamente la vita nuova, ma chiede di incarnarla seriamente nella nostra carne, nella nostra psiche e nella nostra storia.

Lo Spirito restituisce vita alle famiglie, alle comunità e ai popoli inariditi da relazioni che languono o si spezzano, dal silenzio dell’incomunicabilità e della solitudine. Lo Spirito genera perdono e riconciliazione, sorgenti della pace. Questo accade quando ci apriamo alla Parola di Gesù e permettiamo alla grazia di sbloccare resistenze e durezze. Anche qui nessun automatismo: la Parola di Gesù va frequentata, interiorizzata, pregata, condivisa. Allora si realizza la promessa di Gesù: Chi ha sete venga a me e beva chi crede in me; come dice la Scrittura: fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno. In questa celebrazione proponiamoci di andare a Gesù e bere la sua Parola. Così possiamo anche elevare un’invocazione accorata allo Spirito perché operi nel cuore di quanti vivono momenti di divisione, di contrapposizione, di incomunicabilità nelle nostre famiglie e nelle nostre comunità. Soprattutto lo invochiamo perché nel mondo si aprano vie di dialogo e di riconciliazione, perché i nemici possano incontrarsi e mettere solide basi di pace per tutti i popoli in guerra.

Sarà ancora lo Spirito a ridare vita ai nostri corpi mortali quando avremo oltrepassato le soglie dell’al di là. È Lui che chiama alla vita al di là della morte rendendo ogni salvato partecipe della risurrezione di Cristo. Questa è la nostra speranza, questa è la speranza ultima di cui il nostro mondo ha bisogno perché anche le speranze penultime possano avere un senso.

Facciamo di questa Pentecoste esperienza e annuncio della risurrezione, del perdono dei peccati e della pace! Amen.

 

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