Quinta Stazione quaresimale cittadina

Cattedrale

20-03-2024

Carissimi, giunti all’ultima tappa del nostro pellegrinaggio quaresimale cittadino ascoltiamo un invito del Signore che in qualche modo racchiude l’intero percorso: Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi.

Rimanere nella Parola di Gesù per essere davvero discepoli di Gesù. Rimanere nella Parola di Gesù per essere costituiti nella nostra identità di cristiani: siete davvero miei discepoli. Rimanere significa abbandonare un ascolto frettoloso finalizzato a cogliere alcune informazioni su Gesù oppure alcune indicazioni pratiche di vita. Anche questo è importante, ma non è sufficiente. Rimanere vuol dire ascolto profondo che genera un incontro vivo con Gesù, un’esperienza di comunione che accompagna la vita e plasma giorno dopo giorno la nostra identità. Potremmo dirlo con un proverbio popolare: «Dimmi chi frequenti e ti dirò chi sei». Se frequentiamo Gesù nella sua Parola diventiamo suoi discepoli, cioè uomini e donne che lo seguono, che partecipano della sua vita e si lasciano trasfigurare dal suo Spirito a immagine sua. Per questo Gesù aggiunge che il discepolo conosce la verità. Nel Vangelo di Giovanni, la verità è la sua persona che, con la sua parola e la sua storia, racconta Dio e quanto Dio fa per la salvezza degli uomini. Non si tratta di una conoscenza teorica, ma di un’esperienza di amore e di vicinanza di Dio nella quale Gesù fa entrare il discepolo. È un’esperienza che trasforma la vita: la verità vi farà liberi. E la libertà che Gesù dona al discepolo è la libertà dal peccato: Chiunque commette il peccato è schiavo del peccato… Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. Gesù, frequentato nella Parola, illumina la coscienza e trasforma la nostra interiorità ponendola sotto la guida dello Spirito. E così il male che è in noi e il peccato che commettiamo vengono smascherati e viene liberato il bene imprigionato nelle profondità del nostro essere, la capacità di amare, di amare Dio, di tendere a Lui, e di amare il prossimo, di fare pace e giustizia nelle relazioni personali e sociali. Il bene incatenato dal nostro peccato può essere liberato e noi possiamo riscoprire e far agire l’immagine divina che è in noi. Così ritroviamo la nostra origine, la nostra vocazione e ritroviamo noi stessi come ci desideriamo davvero, come siamo usciti dalle mani di Dio.

Per concludere, mi unisco al monito finale di San Francesco nella Lettera ai fedeli e lo formulo come augurio per la Santa Pasqua: «Io frate Francesco, il minore dei vostri servi, vi prego e vi scongiuro, nella carità che è Dio, e con il desiderio di baciare i vostri piedi, che queste e le altre parole del Signore nostro Gesù Cristo con umiltà e amore le dobbiate accogliere e mettere in opera e osservare. E coloro che non sanno leggere, se le facciano leggere spesso, e le tengano presso di sé, mettendole in pratica santamente sino alla fine, perché sono spirito e vita. E coloro che non faranno queste cose, saranno tenuti a renderne ragione nel giorno del giudizio, davanti al tribunale di Cristo. E tutti quelli e quelle che con benevolenza le accoglieranno, le comprenderanno e ne invieranno copie ad altri, se in esse persevereranno sino alla fine, li benedica il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo. Amen» (FF n. 206).

 

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