Prima Stazione quaresimale cittadina

Chiesa parrocchiale di Saint Martin de Corléans

21-02-2024

Come Giona fu un segno per quelli di Ninive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione.

Qual è il segno di Giona? Gesù porta due esempi, la regina di Saba che viene dalle estremità della terra per ascoltare la sapienza di Salomone e gli abitanti di Ninive che si convertono alla predicazione del profeta. Il segno di Giona è la parola della predicazione, una parola desiderata e ricercata oppure semplicemente ascoltata, ma accolta e tradotta in frutti di conversione.

La Parola di Dio non è un libro inerte; è, sì, un testo scritto, ma vivo per la voce dello Spirito che lo anima e per la voce della Chiesa che lo annuncia e lo testimonia. L’ascolto del testo, poi, avviene in una situazione concreta di vita che, assieme all’apertura del cuore, è parte integrante dell’accoglienza in noi della Parola di Dio.

Tre cose concorrono a un vero ascolto: il testo ispirato della Scrittura, il desiderio e la ricerca interiore, la consapevolezza di quanto accade e si vive, cioè del proprio cammino dentro a quello della comunità e del mondo. La Lettera agli Ebrei dice: La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito… e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore. Non vi è creatura che possa nascondersi davanti a Dio, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi [suoi] (4, 12-13).

Ci aiuta un episodio della vita di San Francesco. Tommaso da Celano fotografa il Santo al terzo anno della sua conversione, intento a riparare la Porziuncola, vestito con un abito simile a quello degli eremiti con una cintura di cuoio, un bastone in mano e sandali ai piedi. Ci racconta che un giorno ascoltò il vangelo in cui Gesù manda gli Apostoli a predicare. Alla fine della Messa, Francesco prega il sacerdote di spiegargli punto per punto la pagina evangelica. Udendo che i discepoli non devono avere con sé denaro, pane, bastone, sandali, ma soltanto predicare il Regno di Dio e la penitenza, «subito, esultante di Spirito Santo,  esclamò: “Questo voglio, questo chiedo, questo bramo di fare con tutto il cuore!”… si scioglie dai piedi i calzari, abbandona il suo bastone, si accontenta di una sola tunica, sostituisce la sua cintura con una corda…». È un esempio per dire come, nella concretezza del suo cammino di conversione, Francesco, interiormente vigile e aperto, desideroso di farsi istruire dal Signore, ascolta in profondità, fa discernimento e traduce la Parola in vita con delle scelte che ovviamente non toccano solo l’abito esteriore, ma ciò che esso significa.

Proviamo anche noi, in queste settimane di Quaresima a far incontrare la Parola con la nostra vita, magari riprendendo il Vangelo della Domenica. Prendiamoci un tempo di silenzio per coltivare la consapevolezza del nostro cammino e il desiderio interiore di conversione, cogliendo ciò che il Signore ci domanda in questo momento. Per ascoltare bisogna imparare a tacere, non tanto e non solo frenando la lingua, ma soprattutto la testa. Possiamo allenarci nei dialoghi quotidiani con gli altri: proviamo ad ascoltare davvero e non solo come trampolino di lancio di quello che noi vogliamo far passare, perché questo non è ascolto e, in alcuni casi, è addirittura prevaricazione. Qualche volta rischiamo di fare così anche con Dio, facendo dire alla sua Parola ciò che noi volgiamo. Non disdegniamo di chiedere spiegazioni, come ha fatto Francesco, e di confrontarci tra noi, in famiglia o in comunità.

Il Vangelo, se messo in relazione profonda con la vita, diventa luce che illumina, filtro che assorbe il male, medicina che guarisce, spinta che lancia in avanti.

Dobbiamo vincere una paura che ci portiamo dentro e che ci blocca, facendo rimanere l’ascolto a livelli superficiali. È la paura di dover cambiare. Se superiamo questa soglia, questo cancello, troviamo la sorgente della gioia, come è accaduto a Francesco che esultò pieno di Spirito Santo perché aveva trovato una luce per il suo cammino futuro: la chiamata di Dio prendeva forma.

Tommaso da Celano conclude con parole che vorrei far diventare un augurio per ciascuno di noi stasera: Francesco «non era… un ascoltatore sordo del Vangelo, ma, affidando ad una encomiabile memoria tutto quello che ascoltava, cercava con ogni diligenza di eseguirlo» (Fonti Francescane 356-357).

Ci conceda il Signore di non essere ascoltatori sordi!

 

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