Ordinazione presbiterale di Fra Giuseppe Filippini OP

Bologna, Basilica patriarcale di San Domenico

22-06-2024

 

Cari fratelli e sorelle, carissimo fra Giuseppe,

la Parola proclamata illumina e guida la nostra assemblea, convocata per celebrare il giorno del Signore e le sue grandi opere a salvezza dell’umanità, opere che si rinnovano oggi nel dono che a te viene conferito con l’ordinazione sacerdotale.

Raccolgo da san Paolo – che difende la sua missione apostolica – tre luci che consegno a tutti e, particolarmente, a te, caro fratello, come lampade che accompagnino il tuo ministero nella Chiesa di Dio, ministero che ti auguro lungo, fecondo e generoso.

 

L’amore del Cristo ci possiede

La prima luce risponde a una domanda che molti potrebbero farti: «Che cosa ti muove? Che cosa ti porta qui oggi perché su di te siano imposte le mani?».

La risposta dell’Apostolo è lapidaria. Il verbo che egli usa dice pressione, quasi costrizione. C’è qualcosa di superiore alle sue forze che lo invade e lo domina interiormente. È la forza dell’amore di Cristo. Non è tanto l’amore di Paolo per Cristo quanto l’amore di Cristo per Paolo e per tutti i salvati, un amore così grande da spingerlo a dare la vita per i suoi amici (cfr Gv 15, 13). Possiamo capire meglio riascoltando quanto san Paolo aveva scritto, sempre ai Corinti, nella prima lettera: Annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo! Se lo faccio di mia iniziativa, ho diritto alla ricompensa; ma se non lo faccio di mia iniziativa, è un incarico che mi è stato affidato (1 Cor 9, 16-17).

È questo, caro fra Giuseppe, che noi oggi chiediamo allo Spirito per te! L’esperienza quotidiana della dedicazione a Dio nell’obbedienza e la continua meditazione della Sacra Pagina siano per te immersione nell’amore di Cristo: ti avvolga e ti muova dal di dentro a metterti al servizio del popolo di Dio e dell’umanità intera chiamata a diventare popolo di Dio!

 

Egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano
più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro.

Che cosa sei chiamato a fare? Ecco una seconda domanda. Sei chiamato non solo a entrare nel mistero della Pasqua del Signore, ma a renderlo presente nella sua efficacia di salvezza per l’oggi degli uomini tuoi fratelli. Questo farai attraverso la Parola predicata e l’Eucaristia celebrata. Predicazione e Sacrificio eucaristico saranno come le mani del tuo ministero sacerdotale. Con esse il Padre edifica la Chiesa del suo Figlio e plasma l’umanità nuova. Recentemente papa Francesco ci ha rivolto una raccomandazione: «Mediante i Sacramenti, i credenti diventano capaci di profezia e di testimonianza. E il nostro tempo ha bisogno con particolare urgenza di profeti di vita nuova e di testimoni di carità: amiamo dunque e facciamo amare la bellezza e la forza salvifica dei Sacramenti!». In questo tempo tanto faticoso e ambiguo, dobbiamo riscoprire e praticare, far riscoprire e praticare la forza di trasformazione che i Sacramenti contengono e mettono in atto nella vita delle nostre comunità per il mondo: ogni volta che la Parola viene annunziata nella fede e diventa realtà di grazia nel Sacramento l’uomo vecchio muore per risorgere rinnovato a immagine dell’uomo nuovo, Cristo Signore. Così si instaura il Regno di Dio e avanza la nuova creazione!

 

Se uno è in Cristo, è una nuova creatura;
le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove.

Che cosa sei chiamato a essere? Una nuova creatura, risponde san Paolo. Sei innanzitutto rimandato alla dimensione battesimale della tua vita, segnata dalla professione religiosa, e alla gioiosa appartenenza al popolo dei redenti, fratelli e sorelle che in Cristo sono carne della tua carne e dai quali non devi mai allontanarti o distinguerti. Ogni battezzato, ognuno di noi, in quanto immerso nella morte di Cristo e con lui rinato a vita nuova è diventato nuova creatura, dotata di fede, speranza e carità, membro prezioso del popolo escatologico di Dio che anticipa nell’oggi il tempo finale della salvezza. Così il Padre ricrea in Cristo l’umanità. E noi, salvati per grazia, siamo chiamati a essere segno di questa umanità nuova con i nostri pensieri, parole,  azioni e relazioni. A questo siamo tutti chiamati.

Il sacerdote, in quanto ministro di Cristo, partecipa della sua azione rigeneratrice. Ancora san Paolo: Figli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore, finché Cristo non sia formato in voi. Così scrive ai Galati (4, 19) parlando dell’amore paterno e materno che deve abitare il cuore di ogni apostolo: desiderio trepidante di condurre a Cristo quanti gli sono affidati, accompagnandoli ad assumere la sua forma. Non si parla di qualche riferimento esterno e superficiale a Cristo e al suo Vangelo, ma di un  lavoro profondo che tocca l’essere e l’operare del fedele, una vera iniziazione al mistero di Cristo. Parlare di forma di Cristo ci rinvia all’immagine e somiglianza con Dio, secondo le quali l’uomo è stato creato (cfr Gn 1, 27) e che l’uomo Cristo incarna appieno e trasmette ai suoi discepoli che lo ascoltano, lo seguono, lo incontrano nei suoi misteri. Paolo, ogni apostolo, tu, caro Giuseppe, siamo chiamati ad accompagnare coloro che hanno accolto l’annun­cio del Vangelo e sono guidati dallo Spirito sulle vie della libertà dei figli di Dio.

Così sia per te, caro fratello! Lo Spirito ti guidi a vivere non per te stesso, ma per Cristo e per la sua Chiesa, ogni giorno, consegnando a tutti con generosa e affabile semplicità evangelica il frutto della tua contemplazione e dedicazione. E questa sia la tua gioia! Amen.

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