Saluto tutti voi e vi porgo gli auguri per il nuovo anno, appena iniziato. Grazie per aver accolto l’invito all’appuntamento che vuole essere un omaggio, semplice e sincero, al grande Benedetto XVI che ricordiamo nella preghiera nel primo anniversario del suo transito da questo mondo al Padre.
Un saluto grato a Ezio Bérard che è l’autore/curatore del volume che presentiamo, Il segreto del silenzio che si fa lode. Benedetto XVI in Valle d’Aosta, e al Can. Aldo Armellin, Priore di Sant’Orso, che ha accettato di parlarci di papa Benedetto dal particolare punto di osservazione che gli è proprio in qualità di delegato del Vescovo per i tre soggiorni estivi del Papa (2005, 2006 e 2009). Con loro ringrazio Vanna Balducci, Responsabile del nostro Ufficio Cultura e Comunicazioni sociali, che modera la serata.
Anche se non voglio sottrarre loro tempo prezioso, desidero dire anch’io una parola su papa Benedetto, tra le tante che il personaggio meriterebbe. A mio giudizio in Joseph Ratzinger/Benedetto XVI troviamo sapientemente coniugate la figura del pastore e quella dell’intellettuale. Egli ha saputo offrire una lettura profetica del presente, interpretando criticamente, alla luce della ragione e della fede, la cultura contemporanea, in particolare quella occidentale. È un’attenzione che attraversa tutta la sua opera e tutto il suo operato come teologo, sacerdote e vescovo: ha cercato di accompagnare il popolo cristiano nella contemporaneità, mai contro di essa, ma anche senza mai cedere alle suggestioni del momento. La sua preoccupazione si condensa nel monito ai fedeli affidato al suo testamento spirituale: «Rimanete saldi nella fede! Non lasciatevi confondere!».
Al riguardo trovo interessante leggere in parallelo due passaggi del teologo, prima, e del Papa, poi, che segnalano in lui una maturazione pastorale e spirituale profonda circa il modo di affrontare la situazione della Chiesa alle prese con la secolarizzazione.
Già nel 1969 faceva un’analisi raffinata di ciò che stava accadendo, lo sgretolamento della cristianità, e indicava con chiarezza l’unica seria reazione possibile per i credenti: «Il futuro della Chiesa può risiedere e risiederà in coloro le cui radici sono profonde e che vivono nella pienezza pura della loro fede. Non risiederà in coloro che non fanno altro che adattarsi al momento presente… né in coloro che prendono la strada più semplice, che eludono la passione della fede, dichiarandola falsa e obsoleta… il futuro della Chiesa, ancora una volta…, verrà rimodellato dai santi, ovvero dagli uomini le cui menti sono più profonde degli slogan del giorno, che vedono più di quello che vedono gli altri, perché la loro vita abbraccia una realtà più ampia» (Discorso radiofonico alla radio bavarese).
A Introd, il 25 luglio 2005, ribadisce l’indicazione del radicamento nell’identità di fede, ma la arricchisce di una concreta e operativa consapevolezza spirituale. Commentando la parabola del seminatore segnala la piccolezza e l’insignificanza mondana del seme-Parola di Dio e come esso cada anche là dove non può portare frutto. A questa luce introduce le domande sofferte dei pastori di oggi che si chiedono che cosa si possa fare, quando sembra tutto inutile, infecondo. E aggiunge: «Soffro anch’io. Ma tutti insieme vogliamo, da una parte, soffrire su questi problemi e anche soffrendo trasformare i problemi, perché proprio la sofferenza è la via della trasformazione e senza sofferenza non si trasforma niente. Questo è anche il senso della parabola del chicco di grano caduto in terra: solo in un processo di sofferta trasformazione si giunge al frutto e si apre la soluzione… Dobbiamo prendere a cuore queste difficoltà del nostro tempo e trasformarle soffrendo con Cristo e così trasformare noi stessi. E nella misura nella quale noi stessi siamo trasformati… possiamo anche vedere la presenza del Regno di Dio e farla vedere agli altri». Rimanere saldi nella fede, senza lasciarsi confondere, ma anche offrire la sofferenza nella logica misteriosa del Regno, cioè di Cristo, chicco di grano caduto in terra.
Mi scuso per il tempo che ho preso, ma penso che sia una parola preziosa per l’oggi quella che ci è offerta da Benedetto XVI.
Grazie e buona serata.