Incontro con i diaconi permanenti

13-04-2024

 

Dagli Atti degli Apostoli [6, 1-7]

In quei giorni, aumentando il numero dei discepoli, quelli di lingua greca mormorarono contro quelli di lingua ebraica perché, nell’assistenza quotidiana, venivano trascurate le loro vedove. Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: «Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense. Dunque, fratelli, cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola». Piacque questa proposta a tutto il gruppo e scelsero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timone, Parmenàs e Nicola, un prosèlito di Antiòchia. Li presentarono agli apostoli e, dopo aver pregato, imposero loro le mani. E la parola di Dio si diffondeva e il numero dei discepoli a Gerusalemme si moltiplicava grandemente; anche una grande moltitudine di sacerdoti aderiva alla fede.

 

Siccome proprio oggi la liturgia feriale propone la pagina dell’istituzione dei diaconi ho pensato di riprenderla insieme a voi e di condividere una breve riflessione che possa servire anche come traccia di preghiera personale per l’adorazione eucaristica che concluderà la nostra mattinata.

  1. Il contesto in cui nasce il diaconato

Mi sembra che il contesto venga descritto dagli Atti con tre pennellate che richiamo rapidamente.
La prima pennellata è la vitalità della comunità: In quei giorni, aumentando il numero dei discepoli…
La seconda è la mormorazione: … quelli di lingua greca mormorarono contro quelli di lingua ebraica perché, nell’assistenza quotidiana, venivano trascurate le loro vedove…
La terza è il servizio delle mense: Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense. Dunque, fratelli, cercate fra voi sette uomini … ai quali affideremo questo incarico.
Che cosa dice a noi oggi questo contesto fondativo in relazione al vostro ministero di diaconi permanenti?
A me sembra che offra tre indicazioni preziose.
Il ministero ordinato, come ogni ministero nella Chiesa, esiste in funzione della comunità. Così è per il vescovo, così è per il presbitero, così è per il diacono: «Volete esercitare il ministero del diaconato con umiltà e carità in aiuto all’ordine sacerdotale, a servizio del popolo cristiano? Sì lo voglio». La Liturgia indica due virtù necessarie perché l’impegno pronunciato non resti una pia intenzione, ma si traduca nella realtà quotidiana, l’umiltà e la carità. Cerco di tradurre. L’umiltà significa non mai considerare il ministero come un potere, un essere al di sopra di altri, che mi ‘autorizza’ a imporre il mio modo di vedere, a prevaricare, a giudicare , ma sempre e solo a servire la vita della comunità in cui sono posto in obbedienza al cammino e al magistero della Chiesa, quello non presunto, ma autentico. La carità qui la intendo come amore per la Chiesa nel suo volto concreto della Chiesa locale e della comunità che sono chiamato a servire. Voler bene alle persone e volere il bene delle persone secondo lo sguardo e il cuore di Dio che vuole che tutti gli uomini giungano alla conoscenza della verità e siano salvati (cfr 1 Tm 2, 4).
La seconda indicazione parte dal fatto che siete nati per favorire la comunione. Ebbene questo rimane nel DNA del diaconato e si realizza nell’impegno a non alimentare divisioni e contrapposizioni nella comunità, a lavorare per favorire sempre la ricomposizione dei rapporti, il perdono, il dialogo, la comprensione reciproca.
Infine il contesto delle mense dice che la dimensione prioritaria del diaconato è il servizio della carità. Come già detto più volte il servizio liturgico è solo riflesso di quello della carità ed è sano, anche per la vostra vita spirituale, nella misura in cui c’è verità in questa corrispondenza. Qualunque sia l’ambito pastorale nel quale siete stati chiamati ad agire la vostra attenzione, il colore del vostro ministero è il servizio del più piccolo, sapendo che, come diceva papa Francesco, «Possiamo distinguere tre tipi di miseria: la miseria materiale, la miseria morale e la miseria spirituale. La miseria materiale è quella che comunemente viene chiamata povertà e tocca quanti vivono in una condizione non degna della persona umana: privati dei diritti fondamentali e dei beni di prima necessità quali il cibo, l’acqua, le condizioni igieniche, il lavoro, la possibilità di sviluppo e di crescita culturale. […] Non meno preoccupante è la miseria morale, che consiste nel diventare schiavi del vizio e del peccato. […] Questa forma di miseria, che è anche causa di rovina economica, si collega sempre alla miseria spirituale, che ci colpisce quando ci allontaniamo da Dio e rifiutiamo il suo amore» (Messaggio per la Quaresima 2014).

  1. Le due caratteristiche indicate dagli Apostoli per la scelta dei diaconi

Quando gli Apostoli chiedono alla comunità di presentare alcuni uomini perché possano affidare loro l’incarico del servizio delle mense, offrono due criteri per orientare la scelta: devono essere uomini di buona reputazione e pieni di Spirito e di sapienza.
Ben sapendo che il discernimento su di voi è già stato compiuto, possiamo però chiederci che cosa suggeriscono a noi questi criteri in relazione alla vostra vita e al vostro ministero.
Un primo suggerimento dice l’importanza che hanno nell’esercizio del ministero le relazioni con i fedeli della comunità e con tutte le persone. La nostra persona, la nostra vita non possono e non devono diventare un ostacolo all’annuncio del Vangelo. Devono invece essere trasparenza evangelica. E questa trasparenza viene percepita nella qualità della relazione.
Un secondo suggerimento è quello di coltivare la relazione con il Signore sorgente dello Spirito: «Volete custodire e alimentare nel vostro stato di vita lo spirito di orazione e adempiere fedelmente l’impegno della Liturgia delle ore, secondo la vostra condizione, insieme con il popolo di Dio per la Chiesa e il mondo intero? Sì, lo voglio». Penso che basti richiamare qui: preghiera, lectio, eucaristia.
Un terzo suggerimento riguarda il coltivare la sapienza della vita. Qualcuno ha detto che esistere è un dato biologico, vivere invece è un’arte, l’arte di diventare uomini. Credo che questa sia la sapienza e per noi cristiani la vita vera è quella che si conforma all’esempio di Cristo, al suo modo di pensare, di agire, di relazionarsi. L’imitazione di Cristo passa attraverso l’ascesi o la lotta spirituale che è quella particolare e personale partecipazione di ognuno di noi alla Via crucis del salvatore.

Chiediamo al Signore che il nostro ministero sia conforme a quanto Lui stesso e la Chiesa si aspettano da noi perché anche ai giorni nostri si realizzi quanto raccontano gli Atti: La parola di Dio si diffondeva e il numero dei discepoli a Gerusalemme si moltiplicava grandemente.

 

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