Festa della vita consacrata

nella Festa della Presentazione del Signore

02-02-2024

 

Cari fratelli e sorelle, carissimi consacrati, la pagina del Vangelo ci consegna questa sera due parole che possono guidare il nostro impegno nella Chiesa e nel mondo, fedeli alla vocazione che costruisce la nostra vita. Esse sono attesa e luce.

L’attesa descrive il pio Simeone, uomo giusto… che aspettava la consolazione d’Israele. Egli aveva appreso dallo Spirito che non sarebbe morto prima di aver visto il Messia. E questa promessa lo fa vivere proteso verso la rivelazione del giorno di Dio, proteso verso l’incontro con il Cristo. La pazienza e la perseveranza nell’attesa mantengono viva in lui la fiamma della speranza. Così dev’essere per noi. L’attesa per noi cristiani ci rimanda al ritorno di Cristo e all’incompiutezza del nostro essere.

Attendiamo il ritorno del Signore alla fine dei tempi, anche se la forza di questa attesa si è oggi molto affievolita, quasi fino al punto di non essere percepita come una caratteristica fondamentale dell’essere cristiani. Voi, cari consacrati, potete aiutarci a recuperarla. Rinunciando ai beni della terra e alla famiglia con i voti di povertà e castità ci richiamate a un bene  e a un amore più grande, che vale più di tutto l’oro del mondo, il Paradiso, la comunione con Dio Amore, che Cristo ci spalancherà al suo ritorno.

Parlare di incompiutezza vuol dire prendere sul serio davanti a Dio e alla propria coscienza il limite, la finitezza del nostro essere. Siamo tutti alla ricerca di questa pienezza, di vita, di amore, di felicità. La cultura mondana, che respiriamo fin da piccoli, ci inculca che noi possiamo sentirci realizzati nella misura in cui riusciamo a possedere e a governare avvenimenti e situazioni secondo i nostri desideri e le nostre passioni. La rinuncia all’autodeterminazione, che voi professate con il voto di obbedienza, ci ricorda che nessuno per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita (Mt 6, 27) e che solo Dio può dare pienezza alle sue creature.

Noi questa sera preghiamo, cari fratelli e sorelle consacrate, perché la vostra vita sia sempre più motivata dall’unica speranza e voi possiate essere in mezzo alla Chiesa e al mondo come la profetessa Anna che lodava Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.

Il gesto che abbiamo vissuto all’inizio della celebrazione – portare nelle mani i ceri accesi – traduce plasticamente la vocazione cristiana e, in particolare, la vostra vocazione, cari consacrati. Nel Vangelo di Giovanni Gesù si rivela con queste parole: Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita (8, 12). E nel Vangelo di Matteo non teme di dire ai suoi discepoli: Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte (5,14). Seguire Gesù per essere trasformati in luce che illumina il mondo. Seguire Gesù sappiamo bene che nel Vangelo di Giovanni significa amarlo, obbedire alla sua parola, credere in lui, imitarlo. La luminosità della nostra testimonianza è proporzionale alla santità della nostra vita che, come sappiamo bene, non coincide con la perfezione, ma con l’intensità dell’amore e della fede in Lui!

 

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