Domenica di Pasqua

31-03-2024

 

«Morte e Vita si sono affrontate in un prodigioso duello.
Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa»

Cari fratelli e sorelle,

così cantiamo nella Sequenza pasquale per celebrare la Risurrezione del Signore Gesù. In Cristo risorto è la vita che trionfa: in Lui Dio ha vinto la morte in tutte le sue declinazioni. E noi, suoi discepoli, siamo innanzitutto dei risorti con Cristo, chiamati ad annunciare che la sua Risurrezione è nuovo inizio di vita possibile per tutti. Chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome e può voltare pagina nella sua esistenza, riprendere il cammino in novità di vita.

Il nostro annuncio si traduce in testimonianza di servizio alla vita. Suggerisco due ambiti nei quali impegnarci.

Il primo è quello della pace, condizione indispensabile perché popoli, famiglie e persone possano vivere il presente e progettare il futuro. Innanzitutto dobbiamo pregare con fede e instancabilmente: «In un mondo lacerato da lotte e discordie» solo Dio può agire «nell’intimo dei cuori perché i nemici si aprano al dialogo, gli avversari si stringano la mano e i popoli si incontrino nella concordia» (Messale Romano). Tutti gli sforzi umani, anche sinceri e capaci, non sono sufficienti. In secondo luogo dobbiamo farci artigiani di pace nelle relazioni familiari, comunitarie e sociali, cercando di creare una cultura che bandisca ogni forma di intolleranza, di contrapposizione e di violenza. Contribuiamo a creare cultura di pace anche valutando i programmi e le azioni delle forze politiche che si candidano agli appuntamenti elettorali, perché la pace tra i popoli ha bisogno di concretezza e si costruisce con la giustizia, il rispetto della vita e della dignità di tutti, il dialogo che richiedono scelte coraggiose e di prospettiva.

Un secondo ambito di impegno è quello della vita umana nei suoi momenti di fragilità, quando va difesa, accolta, sostenuta e accompagnata. Penso ai nascituri, ai poveri invisibili della nostra società, ai migranti non accolti o accolti senza il rispetto della loro dignità. In questo momento, penso in particolare a chi affronta situazioni limite dell’esistenza per solitudine, malattia, sofferenza fisica e psichica. In questo dobbiamo avere coraggio e generosità. Coraggio perché la cultura dominante sta elaborando visioni di morte: chi è più forte sostiene di avere diritto all’eliminazione di chi è indifeso (aborto); chi teme di diventare un peso per gli altri o non riesce più ad affrontare la propria sofferenza in solitudine viene indotto a pensare che sia meglio “togliere il disturbo”. Il peggio è che questo – in realtà un fallimento della convivenza civile – viene presentato come un diritto da tutelare e da facilitare. Ne è esempio il proliferare nelle Regioni italiane di proposte di legge per assicurare l’assistenza sanitaria al suicidio medicalmente assistito. Si tratta di un corto circuito per cui la società elimina alla radice il “problema” che non riesce ad affrontare. Anche qui, come discepoli del Risorto, possiamo farci promotori di vita facendo conoscere e chiedendo la piena applicazione del diritto di ogni cittadino a non essere lasciato solo, ma curato e assistito, sempre; chiedendo che venga affrontata e risolta la crisi che affligge il sistema sanitario pubblico. Ma ci vuole anche generoso dono di sé. C’è infatti qualcosa che ci interpella da vicino, l’impegno a non lasciare soli coloro che vivono percorsi faticosi di vita e a ricreare rapporti solidali di prossimità in tutti gli ambienti che abitiamo. Qui come discepoli del Risorto e come comunità ecclesiali possiamo fare molto. Su questo dobbiamo crescere. Chiediamoci, magari anche in famiglia, che cosa possiamo fare di più.

Celebrare la Pasqua significa anche portare la forza della risurrezione nella società e nella vita delle persone come un lievito che fa fermentare speranza e fraternità, aprendo alla presenza e all’amore di Dio che ama e segue tutti i suoi figli e vuole che giungano a salvezza (cfr 1 Tm 2, 4).

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